L’attimino fuggente
di Giacomo Cacciatore
Antefatto: 2010, una luminosa primavera italiana.
La protagonista: Gabriella Carlucci, sorella della più famosa Milly e della dimenticata Anna, ex presentatrice e cascatrice tv (ricordate la trasmissione “Buona domenica”, in cui si buttava dalle torri con l’elastico, si lanciava a velocità folle in auto, rotolava giù per dirupi e simili?), attuale parlamentare del Pdl.
Obiettivo: Gabriella si candida come sindaco di Margherita di Savoia (Fo).
L’antagonista: Antonella Cusmai, candidata alla stessa poltrona di sindaco, ma nelle liste del Pd.
Svolta: com’è come non è, la combattiva Gabriella mette le mani addosso alla Cusmai nella hall di un albergo locale, al cospetto di numerosi testimoni. Quentin Tarantino andrebbe in sollucchero. Peccato per le modalità dell’aggressione: alle spalle. La sposa di “Kill Bill” non l’avrebbe mai fatto. Conseguenze. Crisi. Climax: la candidata del Pdl è, come dichiara la stessa Cusmai, “magra ma energica”. Al punto che la Cusmai deve fare uso di un collare ortopedico, causa trauma cervicale. La Carlucci smentisce. Si dice vittima di (indovinate che cosa?) odio e invidia mediatici.
Ipotesi: in un paese normale una figuraccia del genere le farebbe perdere matematicamente le elezioni. Spasimiamo per la Carlucci. Come finirà?
Colpo di scena: la Carlucci vince con una preferenza del settanta per cento. Si dice pronta a chiedere scusa alla malmenata, ma “rifarebbe tutto”. Il che significa che qualcosa ha fatto davvero. Che sia l’aggressione? Ma non è più un problema. Ha il consenso dell’elettorato (dell’amore).
Preparate i collari ortopedici.