Cadaveri (e titoli) eccellenti

In un volume dedicato ai 150 anni della sua storia, il Giornale di Sicilia ripropone una delle sue più famose prime pagine, quella del 13 marzo 1992. Il giorno prima Salvo Lima era stato assassinato a Mondello. Il titolo di apertura è: “Lima, un delitto politico”. Come se a sparare fosse stato un parlamentare dell’opposizione.
Qualche giorno dopo il settimanale satirico Cuore titolò: “Come John Lennon, Lima ucciso da un fan impazzito” *.
Ieri come oggi è la satira a trovare la forza di raccontarci le verità più amare.

*E il sommario recitava: “Le ultime parole dell’eurodeputato: giovanotto la mafia non esiste quindi la smetta di spararmi addosso”.

Lupi e cantanti

di Quarant’Ena

Alcune delle persone che incontriamo sono di passaggio. Hanno solo il tempo di frantumarti il cuore e poi se ne vanno. Una pensa che quando lo sminuzzamento delle coronarie è avvenuto molte volte si diventa in qualche modo immuni. Invece non è così. E sarà per questo che adesso la mia amica Francesca giace supina in un letto. Sono già passati 15 giorni. Perché lui,  un esemplare appartenente alla razza maschile, se n’è andato. La prova è l’sms che le ha mandato: “Sei una bellissima persona e meriti anche tu di essere felice”. Dopo accurato interrogatorio ho anche scoperto che c’erano già stati segnali: ben tre sms con la ripetizione dello stesso concetto oscillante tra “sei una bella persona” e “sei una bellissima persona”. Così Francesca, ora e per sempre soprannominata “bella persona”,  piange e si dispera plissettando, temo irrimediabilmente, il suo già provato contorno occhi.  Perché se a 20 – 30 anni una crisi sentimentale si supera con l’alcol,  a 40 ti viene l’herpes zoster e se bevi poi devi drogarti di buscopan. E per togliere gli origami disegnati nelle guance da ore e ore di viso sul cuscino ci vogliono ore e ore di ghiaccio sulla parte lesa.
Se è vero che è sempre valida la teoria del chiodo scaccia chiodo, più passano gli anni e meno chiodi ci sono.
Quando nasciamo, l’ostetrica dovrebbe cucirci addosso, sotto il cuore, un macchinario. Una sorta di cerca persone. Che dovrebbe iniziare a ululare quando si avvicina qualcuno che può farci del male e a cantare quando invece questo qualcuno può farci del bene.  Servirebbe a ricordarci che il mondo è pieno lupi e pochissimi cantanti (tra cui Gigi D’Alessio). Cosa sia meglio, Iddio solo lo sa.

Lo specchio del barbiere

Storie minime

di Roberto Puglisi

Lo specchio del barbiere è il custode della nostra anima filosofica. Ti siedi e osservi quel tale, dall’altra parte del riflesso, mentre gli tagliano i capelli, mentre gli accorciano la barba, mentre gli cambiano il cuore. Che cosa è il cuore se non il riverbero della nostra immagine, la percezione emotiva di noi stessi, lo specchio d’acqua torbido o puro in cui guardiamo i sentimenti, pezzi di carne in bocca a un cane bavoso? Intorno a quella fetta di carne che ci pende dalle labbra, non sapendo mai cosa fare, se lasciarla cadere o addentarla, rimandiamo le scelte. Rimandando, le costruiamo intorno un castello di pensieri per renderla invisibile: è ghiotta la nostra filosofia.
Mi sono seduto ancora una volta, con supremo sprezzo del pericolo e del ridicolo, sullo scranno del barbiere. Quando ero bambino, c’era mio padre specchiato in lontananza su uno sgabello offerto al pubblico. Ogni tanto, mi sorprendo a cercarlo, nonostante l’evidenza. A dispetto dell’evidenza, mi sento abbandonato. Come se il mio volto di dodicenne appesantito fosse rimasto solo in un deserto crescente, in un nulla che tutto invade, spazzando via affetti e gioie. Non vedo più nemmeno il barbiere. Forse ha lasciato qui la sua mano forbicemunita, una finzione, il simulacro di un’eguaglianza dei giorni che non esiste. Di chi è la voce che parla del Palermo? E’ Dio? E’ un registratore nascosto, per meglio ingannare? Mi alzo confuso, gocciolante di dubbi e dopobarba. Non ho il coraggio di specchiarmi oltre. Al mio posto si siede Gianni che fu colpito dalla meningite quando era bambino e bambino è rimasto, a prescindere dal suo corpo. Gianni sorride. Recita una filastrocca a memoria. Io vorrei fare finta di leggere il giornale. Ma a un certo punto non ce la faccio più. Mi chino e gli poso un bacio sulla guancia.

L’immagine riproduce l’acrilico su tela “Cronaca” di Gianni Allegra, per gentile concessione dell’autore.