Sul diritto di faziosità

Moltissimi giornalisti – io sono tra questi – nella loro carriera hanno avuto a che fare con scelte editoriali contestabili, persino odiose. È nei poteri del direttore scegliere cosa scrivere, come scriverlo e se scriverlo, inutile girarci intorno.

Molto spesso la parola censura viene usata a sproposito dentro e fuori le redazioni, perché un giornale (e in generale una testata giornalistica) vive di scelte. E anche le scelte più impopolari, se guardate con altri occhi, possono essere viste come scelte di comodo o addirittura di saggezza. Insomma esistono manuali di giornalismo, ma non di prudenza. E per fortuna, perché il nostro mestiere è fatto ogni tanto di colpi di testa, di idee balzane, di piedi nella minestra.

Leggendo del caso Petrecca a Rainews viene a galla l’unica eccezione rispetto a tutto questo ragionamento. Che ha a che fare con la realtà dei fatti. Quando un direttore vuole cambiare la realtà dei fatti, siamo dinanzi non già a una censura bensì a una cazzata. Tagliare non serve a servire un padrone. Ragionare sī. 

Anziché sfrondare i servizi su La Russa, Facci e Roccella vari, un direttore iperfazioso o fortemente asservito ma abile avrebbe potuto arricchire il suo tg di contropareri, di editoriali, di dettagli. La notizia come un ingrediente della minestra, più ce n’è meglio è. Anche i palati più raffinati (o diffidenti) possono essere ammaliati da un piatto ricco, magari troppo ricco. È una visione cinica lo so. Ma è realistica e soprattutto pratica. Il giornalismo romantico ormai esiste solo nei film: e ringraziamo il cielo che esiste ancora il giornalismo e basta.
Insomma ragionare, anche in termini fastidiosamente obliqui, non ha controindicazioni. Bisogna solo avere la capacità di farlo. 

Te la dà lei l’America

Liana Mistretta, giornalista di Rainews, ha avuto la fortuna di viaggiare molto per lavoro. E’ stata inviata in Spagna, Grecia, Francia. Ora ha un blog nel quale racconta l’ultimo Paese nel quale si è fermata, gli Stati Uniti.
Da seguire.