“Non può succedere a me”

Questa è la storia di uno sparo nel buio e di un morto che si risveglia. Ma non è una storia di morti viventi. Al contrario è la storia di un vivo che scopre la vita nella memoria, che scava nelle sue distrazioni, nel nostro egoismo. E che si rianima giusto in tempo per raccontare la sua vicenda e quella delle anime che ha incrociato prima che la sua vita finisse in un angolo oscuro del palcoscenico. Perché in teatro siamo e in teatro resteremo per tutti i settanta minuti de “L’altro”, la nuova opera che andrà in scena il 22 giugno prossimo al Teatro Massimo di Palermo.
È così che il nostro protagonista incrocerà personaggi che sembrano arrivare da lontano e che invece stavano lì, aspettando solo che qualcuno si desse la pena di notarli. Sono le tante versioni dell’altro: un bambino, un prete, un imprenditore, un poliziotto. Vivi e morti, che gli ricordano le cinque parole più rischiose della loro vita: non può succedere a me.
Attraverso un gioco di specchi il nostro ex morto andrà a caccia di chi lo ha ucciso, prima di tornare alla sua quiete orizzontale. E lo farà con l’unica certezza che l’altro gli ha dato: esistono vittorie assolutamente inutili e sconfitte meravigliosamente feconde.

Dal 2017 a oggi, il Teatro Massimo ha avuto il coraggio di sperimentare nuove forme di narrazione attingendo da ambiti delicati come la cronaca, afferrando la realtà più cruda per i capelli e trascinandola al cospetto dell’arte. Grazie a Francesco Giambrone prima e a Marco Betta poi (ci vuole coraggio a ideare, ma ci vuole più coraggio ad approvare idee altrui) abbiamo usato la parola, la musica, la danza, la tecnologia di immagini digitali per raccontare la memoria che si cela nell’attualità e la realtà che tende a oscurare il ricordo.
Dopo la trilogia dedicata dal Teatro ai misteri delle stragi di Capaci e Via D’Amelio, “L’altro” è un ulteriore passo avanti verso una nuova concezione di opera che, è inutile negarlo, suscita ancora troppe resistenze (e non di pubblico) e che si nutre quasi clandestinamente dei resti. Ma questo è un tema troppo serio per essere liquidato in poche righe.  

Qui mi preme dirvi che oltre che nel linguaggio artistico e nella sua multimedialità (sul palcoscenico i protagonisti se la vedono coi loro ologrammi), lo spettacolo ha due elementi di dirompente novità: da un lato vede coinvolti per la prima volta in un’opera originale cento ragazzi delle formazioni giovanili tra orchestra e cantoria, dall’altro contiene una dedica struggente a don Pino Puglisi nel trentennale del suo omicidio.

L’altro
Teatro Massimo di Palermo – 22 giugno 2023 – ore 20:30

Scritto e diretto da Gery Palazzotto
Musiche composte ed eseguite da Fabio Lannino e Mauro Visconti
Interpretato da Gigi Borruso
Coreografie e movimenti scenici: Gaetano La Mantia con Alessandro Cascioli
Danzatori: Alessandro Cascioli, Gaetano La Mantia, Yuriko Nishihara
Massimo Youth Orchestra diretta da Michele De Luca
Cantoria del Teatro Massimo diretta da Salvatore Punturo e Giuseppe Ricotta
Videomaking di Antonio Di Giovanni e Davide Vallone
Assistente musicale: Vincenzo Alioto

I biglietti li trovate qui.

Ancora in cerca delle parole rubate

Foto di Rosellina Garbo

Meno di due mesi fa vi ho raccontato l’emozione di veder fiorire un seme piantato per scommessa: un grande spettacolo nel grande teatro. “Le parole rubate” al Teatro Massimo di Palermo. Oggi quel progetto ha figliato un esperimento ardito: la versione blues dell’opera d’inchiesta.
Partiamo nelle prossime ore con una tournée che speriamo ci porti lontano. Ci sono già due appuntamenti: domani, lunedì 17 luglio, al Real Teatro Santa Cecilia di Palermo alle 21,30 e dopodomani, martedì 18, al Complesso monumentale San Pietro di Marsala alle 21.
La squadra, a parte me e Salvo Palazzolo, ha delle novità: Gigi Borruso interpreta il cacciatore di parole rubate, Fabio Lannino e Diego Spitaleri suonano le loro musiche e quelle di Marco Betta. Le foto che scandiscono l’inchiesta sono sempre di Franco Lannino.
È uno spettacolo abbastanza nuovo, pur rimanendo fedele nella sostanza, rispetto a quello del Teatro Massimo. Abbiamo modificato alcune dinamiche nel finale e nel testo, c’è una dimensione più intima nella colonna sonora e proponiamo un accostamento di generi che ci sembra davvero innovativo. Insomma anche chi ha visto la prima versione può riassaporarlo.