Tremendo è il laureato che si firma, si fa chiamare e, addirittura, si presenta col titolo di dottore. Peggio ancora è il non laureato che millanta e si fregia di qualcosa che non merita: ricordo un corrispondente di provincia che, esagerando, si faceva chiamare direttore.
Campioni mondiali di povera presunzione, in tal senso, sono alcuni (pochi) medici, i magistrati e commercialisti, possibilmente neo laureati dopo una navigazione fuoricorso decennale. Ostentano il loro titolo di dottore come un elemento di distacco: del resto il loro rapporto con l’altro necessita di un balcone, di un predellino che renda evidente il dislivello, la differenza di altezza. Io guaritore, tu paziente. Io giudice, tu cittadino. Io esperto, tu cliente.
Anche tra le altre categorie c’è un grottesco orgoglio nel fregiarsi di un’abbreviazione di quattro lettere: dott e il portinaio ti rispetta; dott e la segretaria è più motivata; dott e la vita ti sorride.
Non cerco il colpo a effetto e vi dico una cosa scontata. Alcune delle persone migliori che ho conosciuto hanno schivato con grande attenzione il sistema della finta meritocrazia del “dottoresimo”. Come si dice? Signori si nasce, di sicuro. Dottori lo si diventa, forse.
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Dottore
Perché in tv e sui giornali i magistrati sono gli unici ai quali gli intervistatori si rivolgono chiamandoli “dottore”?
Ho visto Nobel chiamati per cognome e medici chiamati genericamente con un “senta”…