Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.
Se tutto si potesse risolvere con una battuta sarebbe il caso di ricordare a Rosario Crocetta che con la forza che si ritrova, il Megafono non serve proprio: a voce nuda il governatore ha arringato, blandito, ammonito, promesso e minacciato quanto basta per gettare il Pd nel panico. Ma siccome questa è una storia di paradossi, e in terra di Sicilia i paradossi sono i semi delle mezze verità, è bene risparmiare sull’ironia e andare al sodo.
Certo, è difficile trattenere un sorriso al pensiero che questo Pd dialogava serenamente con un governatore come Raffaele Lombardo, uno che ufficialmente avrebbe dovuto essere un avversario politico, e invece ora è in rotta di collisione con Crocetta, uno che ufficialmente dovrebbe essere un dirigente del partito.
Il governatore è accusato di bigamia politica: o noi o il Megafono, strillano oggi dal Pd facendo finta di dimenticare che alle ultime Regionali il movimento di Crocetta ha avuto un certo peso nel successo elettorale della grande famiglia democratica.
In realtà la partita più delicata si gioca sul terreno della questione morale. Da un lato l’intransigenza dell’ex sindaco antimafia di Gela, l’irruenza dell’animale politico che zittisce persino i grillini, l’abilità mediatica di un attore che sul palco della legalità si muove sicuro tra gogne e vergogne; dall’altro le divisioni di un partito che si è mostrato in grado di combinare pasticci sin dalle primarie, l’imbarazzo di un sodalizio politico che per troppo tempo quando si è pronunciata la parola “morale” ha pensato di istinto alla parola “favola”, la rigidità di una visione strategica che tende a risolvere ogni problema con l’antica pratica del rimpasto (cioè con un giochetto di poltrone).
Qualche giorno fa, Antonello Cracolici dichiarava: “Sulla questione morale dobbiamo essere franchi, c’è un problema di regole da migliorare: chi riceve soldi dalla Regione, anche tramite propri familiari, non può rappresentarla in alcuna sede”. Benissimo, ma ad essere veramente franchi andava aggiunto: “E scusate se ci siamo svegliati tardi”. Perché molto probabilmente il sonno sarebbe durato ancora a lungo se la scorsa settimana i magistrati messinesi non avessero arrestato per peculato e truffa la moglie di un deputato regionale del Pd.
I bizantinismi della politica e il loro peso specifico sono altri elementi di differenza tra Crocetta e i compagni del partito democratico. Tanto l’uno è diretto, maniacalmente ricco di dettagli, prodigo di nomi e cognomi nelle sue denunce, quanto gli altri sono prudentemente sonnolenti nei tempi e nei modi di reazione.
Quanto sia il Pd che va stretto a Crocetta o quanto sia Crocetta troppo ingombrante per il Pd saranno i fatti a dirlo. Al momento l’incompatibilità tra un battitore libero, energico e chiassoso, e una squadra in cui le correnti sono al tempo stesso gruppi e vento, compromesso e tempesta, appare certificata.
In questo scenario il processo al governatore accusato di voler costruire un partito dentro il partito rischia di sottrarre al partito stesso troppi pezzi cruciali. Andare alla conta contro un presidente forte, per carattere, formazione e normativa, potrebbe esporre il Pd alla solita maledizione della vittoria: della serie, se si vince ci sarà comunque un modo per mostrarsi felicemente perdenti.