Il motivo per cui Giulio Andreotti è morto essendosela fatta sostanzialmente franca dall’accusa di mafia è tutto nel titolo di un libro, edito nel 1995 da Tullio Pironti Editore: “La vera storia d’Italia”.
Il volume raccoglie l’atto d’accusa dei giudici di Palermo nei confronti di Andreotti e dà ampia testimonianza della pretenziosità del castello di indagini nel quale si voleva intrappolare il più potente uomo politico italiano.
Nello scrivere “la vera storia d’Italia” infatti ci si dimenticò, per foga o imperizia, di incardinare prove e testimonianze con una logica di stringente plausibilità e si badò più all’effetto che alla sostanza. Risultato: l’imputato fu assolto in primo grado addirittura perché il fatto non sussiste (solo in seguito si arrivò a dimostrare che almeno fino al 1980 era colpevole di aver aiutato Cosa Nostra, ma il reato era purtroppo prescritto).
Valga per tutti l’esempio del bacio con Totò Riina. Quale magistrato concreto avrebbe mai portato l’episodio in un’aula di tribunale? Eppure la sete di colpi di scena e la voglia di protagonismo di quei pm ebbero il sopravvento e il grande processo di primo grado si risolse in un grande fallimento.
Ricordo una chiacchierata con un amico, tecnico del diritto, in una serata del 1999. Una volta, mentre mi infervoravo in una disquisizione-da-aperitivo su mafia e Dc (tenete presente che ero tra quelli che avevano festeggiato il giorno dell’avviso di garanzia a Belzebù), lui mi fece notare che da decine di udienze non si parlava altro che del presunto rapporto di conoscenza tra Andreotti e i Salvo. Effettivamente aveva ragione: erano spuntati un paio di supertestimoni e c’era persino quella che veniva definita “la prova regina”, una foto scattata a Palermo in cui nella folla dietro Andreotti si intravedeva (forse) uno degli esattori mafiosi.
Ebbene, mi venne spiegato, quella era una strategia perdente perché se anche Andreotti un giorno avesse deciso di ammettere che conosceva i Salvo, la questione sarebbe stata di una rilevanza penale non determinante: perché quindi cacciarsi in un vicolo cieco?
Col tempo e con la lettura degli atti che seguirono mi fu chiaro che nel primo processo contro Giulio Andreotti c’era più emozione che consapevolezza. La sensazione fu che si voleva ostentare più che dimostrare: si pontificò molto e si ragionò non abbastanza. Il coraggio e la buona fede di quei magistrati non sono mai stati messi in dubbio. Però ci fu un lungo periodo in cui persino le critiche più sommesse al sistema d’indagine della Procura di Palermo venivano scambiate per atti di delegittimazione, che pure erano frequenti e che pure erano ben altra cosa.
Oggi lo possiamo dire con serenità. La vera storia d’Italia l’avrebbero potuta scrivere gli uomini di Caselli se solo avessero pensato meno a Micromega e più ai codici.
Ottimo!
Però Andreotti non avrebbe mai mostrato il medio. Almeno non fisicamente, e infatti bisogna ricorre a photoshop per farglielo mostrare
Gery, proprio ieri, saputo della morte di Andreotti, sono andata a rileggermi stralci de ‘La vera storia d’Italia’, da dove imparai a conoscere il processo Andreotti, e mi sono resa conto che effettivamente i riscontri mancano, o quasi. E’ pieno zeppo di dichiarazioni di collaboratori di giustizia, anche di peso. Che, per effetto della cosidetta ‘convergenza del molteplice’ sono arrivati in aula. Io, nel 1998, feci la tesina per gli esami di Stato da giornalista proprio sul processo Andreotti. E ricordo che litigai furiosamente con il magistrato che mi interrogava perche’ io insistevo sul fatto che (e seguendo TUTTO il prcesso lo sapevo) non c’era una sola prova e che Andreotti sarebbe stato assolto, mentre lui mi attacco’ violentemente dicendo che stavo dicendo “sonore cazzate”. Beh, poi il tempo mi diede ragione… Un abbraccio
Elvira, so quanto tu ti sia impegnata per seguire questo ed altri processi importanti quindi la tua opinione la considero molto importante, grazie.
Fm, sì è un’immagine non autentica: però mi piaceva proporla in questo frangente.
Sono convinto che i giudici di Palermo cercassero più la colpevolezza di Andreotti che la verita’.La colpevolezza fIno 1980 e’solo un paravento per evitare una grande cattiva figura anche in campo internazionale.Non dimentichiamo,oltre al bacio,l’affannosa ricerca di un vassoio d’argento regalato da Andreotti ai Salvo.