L’indignazione prêt-à-porter per l’oltraggio all’albero Falcone meriterebbe come minimo un convegno (al quale mi piacerebbe partecipare, anche come cameriere). Invece viene liquidata dai media come la reazione a un fatto di cronaca: come un evento e non come un fenomeno.
Ebbene, secondo me, dietro c’è molto altro.
C’è l’affezione comoda al simbolo più comodo. Un albero non è – per esempio – una scuola, non c’è bisogno di mantenerlo, non costa nulla e vale tantissimo in termini di ritorno d’immagine. Non a caso l’albero Falcone è il ritrovo ideale per politici di ogni stagione. In un luogo del genere le fedine penali dovrebbero valere più delle cariche istituzionali, eppure la coltura estensiva della memoria a buon mercato fa tali miracoli che nemmeno la più truce riforma berlusconiana potrebbe eguagliare. E poi i morti non possono protestare.
C’è un costume furbo di mostrarsi senza schierarsi. Davanti all’albero Falcone chiunque gode dello status di rifugiato antimafioso senza dover dimostrare nulla fuorché la propria presenza. Non è richiesta un’opinione, men che meno un’intenzione.
C’è l’usurpazione di un passato che è di tutti, ma non per tutti. Falcone e Borsellino appartengono alla nostra storia ma, è bene ricordarlo, non sono – e non sono mai stati – un modello universale. Tra quelli che passeggiano sotto l’albero di via Notarbartolo ci sono ancora mandanti più o meno occulti ed esecutori più o meno coperti di delitti che hanno rischiato di radere al suolo le nostre speranze.
C’è infine una certa antimafia casual, figlia dell’anti-antimafia degli anni ’80 che contrastava la Primavera di Palermo e flirtava coi poteri forti ancora (e per poco) non insozzati di sangue. Esiste un’ampia pubblicistica al riguardo, basta andare a consultare le collezioni del Giornale di Sicilia degli anni Ottanta: dalla signora che protesta per le sirene delle scorte, alle campagne di stampa contro i metodi del pool antimafia orchestrate dai soliti noti.
Il titolo del Gds ieri, a proposito di quello che veniva definito “misterioso assalto all’albero Falcone” era: “Sfregio alla città”.
Per lo sfregio alla civiltà scrivere al direttore.
Sgomento ed imbarazzo, tra i partecipanti alla sfilata antimafia primavera-estate 2010, quando s’è appreso che, probabilmente, a profanare l’albero Falcone, è stata una povera squilibrata, una “barbona” che si aggira spesso nei paraggi di via Notarbartolo…
ps: scusate, ma la retorica un tanto al chilo oramai mi provoca l’orticaria…
Controfirmo gery.
A maggior ragione, caro Totò: quale migliore indignazione prêt-à-porter…
Mi sarebbe piaciuto poter fare un esperimento: non dare la notizia dell’oltraggio all’albero-monumento e osservare la reazione dei palermitani. Se ne sarebbero accorti? E in quanti? E cosa avrebbero fatto senza l’ “indignazione” ?
Non se ne sarebbe accorto nessuno.
Quando ho letto la notizia, ho pensato che molto probabilmente la mafia non c’entrava nulla.
Piuttosto la bravata di qualche mente brillante o ( come sembra) l’atto di una mente malata. E i due estremi , secondo me, collimano parecchio in questo caso.
Sono passato di pomeriggio sabato scorso, e vedevo bivaccare nei paraggi dell’albero, una moltitudine di ragazzi creste crinuti e ragazze dagli ommbellichi sporgenti. Nessuno ha visto nulla, come se strappare dei fogli o sfregiare un albero che è il simbolo di una parte della città che confida ancora in un avvenire migliore e non si adegua all’idea di lascirasi vivere addosso, fosse un atto minimo, tipo pettinarsi o allacciarsi le scarpe.
E’ l’indifferenza dei più giovani che mi preoccupa…
ombellichi…
La vicenda dell’albero di Falcone non mi ha indignata più di tanto. Lo ammetto senza retorica. Sin dall’inizio ho pensato a un gesto completamente scollegato dalla volontà di profanare la memoria antimafia.
Passo spesso davanti a quell’albero, qualche volta, di proposito, ho scelto di fermarmi, giusto per guardare cosa c’è di nuovo. Tante immagini ingiallite e qualche disegno semi-nuovo, sepolto insieme a un simbolo, che non creda serva a granchè, nè a Palermo, nè alla nostra terra in genere. Inorridisco, spesso e volentieri, di fronte ad un altro tipo di profanazioni, quelle perpetrate da chi si veste di antimafia, ma ha per pelle solo irriducibile viltà (mi riferisco a tanti promotori “casuali” di legalità tascabile che, quando è il momento di dare dimostrazioni concrete, si nascondono dietro il dito mignolo). La presunta colpa dello sfregio, attribuita a una clochard, mi ha fatto sorridere, è stata per me l’ennesima certezza che, mai come in questo caso, il troppo rumore è stato davvero per nulla.
Pardono orrido cosa c’è di nuovo, al posto di cosa ci fosse di nuovo…
Totalmente d’accordo con toto rizzo. E poi, signor Palazzotto, lei lo sa meglio di me…era domenica, inter e milan e palermo avevano giocato il sabato, qualcosa nei giornali dovevano scrivere. A me invece hanno fatto molto ridere molti colleghi giornalisti che sono andati a farsi fare le foto mentre appendevano un foglio nell’albero. Protagonismo al cubo. Ma perchè nessuno dice, invece, che di fogli nuovi, in uella magnolia, non ce n’erano più da non so quanto? Lo scorso anno alla manifestazione del 23 maggio c’erano solo i bambini delle scuole, portati a forza dalle maestre. Quell’albero dovrebbe essere grato forse a chi ha tolto quei fogli, almeno lo ha fatto tornare per un pò al centro dell’attenzione
Beh, almeno non si sono piú viste scene come a Reggio, anche se anche Palermo ha visto cartelli inneggiare alla Mafia come ad un ‘normale’ datore di lavoro. Triste che per alcuni sia stato – in fin dei conti – proprio cosí.
http://www.corriere.it/cronache/10_aprile_27/tegano-boss-applausi_8bb9c042-51df-11df-9da0-00144f02aabe.shtml