Ciancimino, Alfano e la Palermo che non vuol vedere


Quanto dista il tutto dal suo contrario? C’è un sistema di sicurezza che ci garantisce, anche a futura memoria, dalle frequentazioni sbagliate?
Queste domande possono sembrare criptiche e soprattutto slegate l’una dall’altra. In realtà così non è, almeno per il caso che andiamo a esaminare.

Massimo Ciancimino sta fornendo ai giudici la sua versione sui rapporti tra il padre, ex sindaco di Palermo condannato per mafia, e pezzi dello Stato. Sta riportando frasi e documenti del genitore che proverebbero rapporti (di dipendenza? di causalità? di connivenza?) tra i vertici di Cosa Nostra e quelli di Forza Italia.
Il ministro della Giustizia Angelino Alfano bolla come scempiaggini le parole di Ciancimino e sciorina tutti i provvedimenti del governo, presente e passato, contro i boss. Insomma offre l’assist al premier che descrive il figlio dell’ex sindaco mafioso come un “ciarlatano”.
Questa è la spremuta della cronaca. Un concentrato estremo di quello che tutti dicono, scrivono, leggono.
Ma c’è dell’altro su cui sarebbe bene riflettere.
Massimo Ciancimino e Angelino Alfano sono, o sono stati, distanti fisicamente meno di quanto si possa pensare e sono la dimostrazione di come il tutto e il suo contrario possano sfiorarsi. Di come le frequentazioni, pur rimanendo nella sfera delle responsabilità personali, non hanno un certificato di garanzia universalmente valido.
Sono entrambi addendi della borghesia siciliana, anzi palermitana (pur essendo Alfano agrigentino), con qualche amico in comune. I due hanno frequentato gli stessi ambienti e condiviso i salotti di concittadini illustri (magari senza incrociarsi). Ciò non prova nulla, né costituisce appiglio per nessuna speculazione giudiziaria. Anche perché le persone che si frappongono tra l’uno e l’altro sono, per usare un termine trito ma comprensibile a tutti, perbene. Gente onesta, comunque.
Ve la porgo in positivo, per essere chiaro. Ciancimino e Alfano pur battendosi da opposte barricate, incarnano unitariamente un principio calpestato negli anni della emergenza mafiosa: quello secondo il quale non può esistere il reato di conoscenza; quello per cui i ruoli del divenire non combaciano matematicamente con i flash del passato.
Conosco Massimo Ciancimino – siamo stati compagni di classe molti anni fa – conosco anche i suoi fratelli e sua sorella e, pur restando fermo nelle mie posizioni antimafia, sono interessato senza pregiudizi alle sue deposizioni. Anche se mi sono fatto un’idea.
Non conosco Angelino Alfano – è più giovane di me – conosco i suoi atti, la politica dello schieramento di cui fa parte e, pur tra mille perplessità, sono ansioso (con qualche preoccupazione) di vedere dove porterà la sua azione di governo. Anche se mi sono fatto un’idea.
Conosco i palermitani, conosco una certa superficialità nel rinnegare frettolosamente passi di cui magari c’è da spiegare qualcosa, e una certa facilità nel condannare chi ammette di poter spiegare senza esitazioni.  L’allergia al giunco che si rialza, che sia Ciancimino o un imprenditore probo, nella città che sbuffava per le sirene di Falcone e che vota a destra quasi di nascosto è un dramma antico. Qui il migliore giudizio è purtroppo sommario perché il tempo per quello ponderato è intollerabilmente lungo: le voci corrono, le dicerie si inseguono e per i fatti c’è troppo da aspettare.
Ciancimino e Alfano potrebbero essere un paradigma di nemici vicini, navi nella stessa bottiglia, come nella vita può accadere. Invece nessuno ci pensa o si sogna di raccontarli così.
Molto più comodo collocarli lontani: l’uno nella Palermo dei veleni, magari somministrati da pm stregoni; l’altro nella Roma gagliarda, periferia di Arcore, capitale di Berluscolandia.
Una finta distanza. Un’occasione sprecata per misurare con precisione quanti passi ci sono tra il tutto e il suo contrario

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Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

9 commenti su “Ciancimino, Alfano e la Palermo che non vuol vedere”

  1. ottimo post Gery!

    Quante volte mi sono sentita dire in questi anni, a proposito di Massimo Ciancimino – certo però che è dotato di un’intelligenza superiore, riesce a fare affari con tutti, è veramente degno figlio di suo padre anzi di più-. Ora che sta parlando, chissà per quale oscuro arcano, dicono – certo che ha una memoria, ma come fa a ricordarsi tutto, anche nei minimi dettagli?-

    La considero un’offesa all’intelligenza e alla memoria. All’intelligenza quella vera quella sana, confusa con la mera furbizia che per fortuna non ha le gambe lunghe. All’intelligenza di quelli che hanno sacrificato la loro vita per smantellare il mondo a cui appartengono personaggi come il Ciancimino. Un mondo che troppe volte si è incrociato con quello dei cosiddetti benpensanti e al di sopra di ogni sospetto per cariche o incarichi occasionali.
    Alla memoria che custodisce ciò che di buono e sano c’è nella nostra isola.

    Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra.

    Chi sono i gattopardi e chi sono gli sciacalletti e le iene?
    Si aprano pure le danze perché tanto prima o poi balleranno di nuovo tutti insieme.

  2. La ragione per cui i racconti di Massimo Ciancimino appaiono verosimili (dico appaiono solo per il beneficio del dubbio) sta tutta in questo post. Noi siciliani lo abbiamo nel Dna, sappiamo benissimo come i due ambienti contrapposti possano essere e sono vicini. La maggior parte di noi ha avuto per compagni di scuola o per conoscenza figli di gente rivelatasi mafiosa. Anch’io avevo un compagno di scuola il cui padre non seppi mai se sparito per lupara bianca o latitante o in carcere. Sapevo che aveva qualche problema, lo leggevo negli occhi degli insegnanti. Purtroppo la cultura mafiosa, nella nostra Italia, e non solo in Sicilia è veramente troppo diffusa. Non puoi mai sapere se quella pasta di pane che ti sta vicino, all’ombra di un casolare di campagna, ha sciolto decine di “cristiani” nell’acido. Anche se non lo sappiamo, noi viviamo giornalmente questa commistione. La criminalità organizzata purtroppo permea la nostra esistenza. Quando cerchiamo qualcuno che ci faccia ritrovare la macchina rubata, dietro riscatto. Quando cerchiamo una raccomandazione dal politico, dietro scambio di voto. Quando non pensiamo di aprire un’attività imprenditoriale per paura dell’ambiente in cui viviamo.
    Per questo i racconti di Ciancimino, veri oppure no, non mi stupiscono per niente, anzi.
    Io sono sicuro che tra mafia e politica ci sono stati e ci sono contatti stretti. Lo sappiamo tutti.
    Non mi interessa se il colluso è di destra o di sinistra. Voglio solo che venga fuori, ben vengano le dichiarazioni accertate. Mi sono stancato di vivere in una terra con due Stati. Per dirla biblicamente “non si possono servire due padroni”, perchè il risultato è quello che abbiamo davanti gli occhi.
    Inutile negarlo, se si appurerà che Ciancimino dice il vero dirò che me lo aspettavo.

  3. La Palermo “bene”… Riesce davvero difficile pensare che non esista un’intera generazione (di padri, forse anche nonni) di notabili che a Palermo non abbia avuto contatti o fatti affari con Ciancimino padre. Per un semplice sillogismo: se Ciancimino era il potere a Palermo, e gran parte dei potenti o aspiranti tali flirtavano con il potere a Palermo, dunque moltissimi flirtavano a vari livelli con Ciancimino. Non sto parlando di volontà, sto parlando di necessità contingente, il lavacro in nome del quale da noi si giustifica tutto, meglio ancora se si trova un capro espiatorio (di sicuro colpevole, nessun fraintendimento) che si addossi tutte le colpe, le riassuma in sé e le esponga, per la pace di ognuno . “I tempi erano quelli che erano…”, si dice spesso. La cosa ricade sui figli: stesse scuole, stessi giri, stesse festicciole. Ora Ciancimino figlio parla. E’ una rotella di un meccanismo del passato che smette di funzionare e scopre ingranaggi che tutti vogliono rimuovere,credevano sepolti o desiderano dimenticare di avere sfiorato. La nostra è una città che, prima ancora di smaltire i rifiuti (male) smaltisce i sensi di colpa e le responsabilità (benissimo). Chissà quanti sostenitori di Alfano e del suo partito sono stati zerbini di Ciancimino in un passato nemmeno troppo distante. E, indossata una bella maschera di bronzo, fanno finta di essere puri. Basta fare il conto dei riciclati in politica e nella pubblica amministrazione. Un’intera generazione palermitana (e forse anche due) si porta dietro peccati originali che sarebbe meglio non esorcizzare con l’ipocrisia. Cosa che puntualmente avviene. Palermo è una città terribile e funesta: gli ci vorranno ancora molti anni per guarire da una rogna cinquantennale e questo avverrà solo con la naturale estinzione di certi dinosauri, veri o in forma di fantasma del recente passato.

  4. Dici bene Cacciatorino, ci vorranno molti anni, troppi, non dimentichiamo che i dinosauri hanno deposto le uova

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