La trattativa spontanea

Secondo Beppe Pisanu, presidente della commissione antimafia, la trattativa Stato-mafia non fu condotta col consenso ufficiale dello Stato e quello altrettanto ufficiale della mafia. Ma fu frutto di un rendez-vous tra volontari in divisa e precari della lupara. Insomma si trattò di un evento spontaneo e disorganizzato, quasi un flash-mob.
E’ chiaro persino ai lattanti che la relazione di Pisanu ha un solo obiettivo: salvare l’illustre capra e i preziosi cavoli.
Le altre capre siamo noi e i restanti cavoli sono tutti nostri.

Teniamo lo Stato lontano dai nostri computer

Da più parti si è invocato un ministero per Internet. Monti, per fortuna, ha tirato dritto e non si è lasciato coinvolgere.
Il fatto che la rete sia ormai parte integrante delle vite di molti di noi non significa che automaticamente ci debba essere un dicastero ad hoc (si mangia molto sushi ultimamente e nessuno di noi penserebbe a un sottosegretario al wasabi). Internet è un ambito in cui valgono le regole come altrove quindi non c’è un’emergenza sicurezza. In più la Rete ha quell’allure di clandestinità (finta, eh!) che dà un che di esclusivo ai suoi circoli virtuali: chi mai vorrebbe peccare di ineleganza mettendo un prefetto su Twitter, o mandando gli ispettori da Anobii?
Ve l’immaginate un pachiderma burocratico tra i mille vicoli della rete? Sarebbe un disastro.
Tasse sul clic, permessi d’accesso, tunnel di silicio da Taormina a Bardonecchia, lodo per i pornazzi, legittimo impedimento di mouse, spread di ip, Ici sulla prima homepage, divieto di cumulo di wi-fi…
No, grazie. Per quanto è possibile, teniamo lo Stato lontano dai nostri computer.

Roulette russa

Le lettere-testamento recapitate ieri alle quattro principali autorità dello Stato, Francesco Cossiga le scrisse nel settembre del 2007. L’unica che è andata a segno è quella al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che già allora era al Quirinale.
Le altre, ironia della sorte, sono finite agli antipodi. Quella scritta mentre il premier in carica era Romano Prodi è stata consegnata a Silvio Berlusconi. Quella per il presidente del Senato, anziché trovare Franco Marini ha beccato Renato Schifani. Quella per il presidente della Camera è stata ricevuta da Gianfranco Fini anziché da Fausto Bertinotti.
Non so perché, ma piuttosto che agli incroci del destino in questi casi mi viene da pensare alla roulette russa.

Francesismi

corsera

Un acrobatico francesismo come sinonimo di “cazzata“.

Gli operai di Kabul

para morti kabul

Tra gli effetti collaterali, sommersi a malapena dall’onda (spesso anomala) di dolore che scaturisce da un attentato come quello di Kabul, c’è la “dietrologia bilaterale lancinante”: uno stato patologico sopito (che colpisce a destra come a sinistra, per questo bilaterale) che si risveglia quando, purtroppo, arriva la notizia della perdita di vite umane dei nostri contingenti nelle zone calde del pianeta.
Il sintomo più grave è la richiesta compulsiva dell’immediato ritiro delle truppe e l’azzeramento della missione: tutti a casa presto, prima che succeda qualche altra tragedia.
Come se si ignorasse il motivo per cui queste persone, militari di professione, hanno scelto di andare a combattere.
Sì, a combattere.
Perché questa banalità, che ha tutti i connotati dell’oltraggio alla pubblica intelligenza, della missione di pace con gli angioletti che svolazzano sulle code dei diavoli cercando di far proseliti a forza di preghierine dovrà estinguersi, prima o poi.
Quando uno Stato manda le sue truppe armate a presidiare il territorio di un altro Stato compie un atto di forza almeno contro una quota degli abitanti di quella nazione. Non discuto la liceità dell’operazione – nella maggior parte dei casi l’atto di forza è indirizzato contro dei criminali – rimango alla realtà galleggiante dei fatti.
I nostri militari in Afghanistan, nello specifico, sono in assetto di combattimento: non girano scalzi con la bibbia in mano. Sono professionisti addestrati e il potere politico che li ha inviati laggiù li paga (comunque troppo poco) per svolgere la loro professione. Che è quella di proteggere e di proteggersi con le armi, cioè potenzialmente di fare vittime.
Non voglio prendere la questione con i guanti, ma non voglio essere frainteso: non sto, in alcun modo, giustificando l’orribile atto dei kamikaze né sminuendo la difficoltà del ruolo dei nostri militari.
Però credo che bisogna avere il coraggio di chiamare le cose col loro nome, nel rispetto di tutti. Una morte in battaglia per un militare è un incidente di lavoro.
Se non ci sono negligenze, speculazioni o trasversalismi non si chiudono i cantieri navali quando quattro operai muoiono tragicamente nella cisterna di una nave.

Ci voleva uno di destra

finiper dire chiaramente una cosa mancina.

da Corriere.it

Una semplice vendetta

Dietro il primo caso della storia moderna in cui un primo ministro stila un programma politico in base alle sue diatribe familiari, c’è probabilmente meno strategia di quanto si possa pensare.
Silvio Berlusconi ha accusato la moglie Veronica Lario di essersi lasciata ubriacare dalla stampa di sinistra. Molti commentatori hanno letto nelle dichiarazioni della signora un’insofferente stanchezza per le gesta napoleoniche di un consorte umanamente piccolo piccolo.
A voler volare rasoterra invece c’è solo una parola che racchiude tutto: vendetta.
Vendetta per un’unione consacrata solo alle sempre più rare foto ufficiali, magari da mostrare a Gheddafi su carta patinata con marchio Mondadori.
Vendetta per l’impossibilità razionale di sperare in un divorzio che non pregiudichi la serenità (?) della guida di una nazione.
Vendetta per una condotta – quella del consorte – che travalica in modo grottesco i limiti dell’età biologica.
Vendetta per quello che i giornali chiamano gossip, ma che invece, fatta la tara di caste e ruoli, è rubricabile come tipico naufragio sentimentale tra persone ormai mature.
Vendetta per salvare il salvabile dal tritacarne mediatico: figli, porzioni di famiglia, onorabilità, faccia.
Non credo a chi intravede un disegno strategico (magari orchestrato dallo stesso marito-condottiero-higlander) dietro le sortite di Veronica Lario.
Il suo è un archetipo di genuina, radicale, dolorosa opposizione domestica non addomesticata.