Lo scisma del consigliere ossessionato dagli atti impuri

Un estratto dall’articolo di oggi su La Repubblica.

Dura è la vita del probo Angelo Figuccia, consigliere comunale di Palermo tra gli altari di Forza Italia, che ieri dopo una vita di fede ha annunciato il suo abbandono della Chiesa cattolica. Motivo? La tutela della famiglia naturale “avendo capito – parole sue, gerundio passato incluso – che la Chiesa cattolica è sempre meno integralista e sempre più tollerante”. In pratica ce l’ha coi gay che, qualche giorno fa, aveva definito “malati da traumi”.
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Incurante della potenzialità scismatica del suo ragionamento, il probo consigliere fissa due cardini storici: la mozione del consiglio comunale per istituire una festa della famiglia naturale e la risoluzione definita “granitica” approvata dalle Nazioni Unite “al Palazzo di vetro di New York” per la protezione della medesima famiglia naturale. E poco importa se nella foga, Figuccia (che pure in tema di questioni sessuali ha un cognome che lo aiuta) ha confuso la sede centrale dell’Onu con il Consiglio per i diritti umani della stessa organizzazione che si trova a Ginevra: Svizzera o Stati Uniti che siano, la crociata contro l’atto impuro s’ha da fare e Dio ci assista. Perché è l’atto impuro, nella teoresi figucciana l’insano nido del peccato. Nel suo comunicato stampa, il Probo si mette a nudo nell’anima per testimoniare di quando da giovane si metteva a nudo nel gabinetto, e rivela: “Ai tempi della prima comunione, quando mi andavo a confessare, la prima domanda che mi rivolgeva il prete era se avevo commesso atti impuri e scattava subito la penitenza”.
Chissà se lo scismatico Figuccia saprà dare risposta a uno dei più grandi dilemmi della fede: la masturbazione mentale è un atto impuro?

Tra Flaubert e Dio

Qualche giorno fa parlavo di religione con degli amici cattolici praticanti. Io sono un orecchiante della fede, nel senso che per credere in Dio devo costruirmi dei modelli semplici e non mi bastano i riti per tenere a bada la curiosità.
I miei amici sono stati molto pazienti ad ascoltare le mie perplessità e mi hanno anche spiegato molte cose che non sapevo sui vangeli, sulla bibbia e su alcuni tecnicismi delle sacre letture. Non finirò mai di ringraziarli per il garbo con cui mi hanno sopportato.
Ieri mi sono imbattuto in questo brano tratto da “Madame Bovary” e ho pensato che Gustave Flaubert è un ottimo spunto per la prossima discussione su Dio e dintorni.

“Io ho una religione” rispose il farmacista. “La mia religione, anzi ne ho più di loro, e senza tante commedie e tanta ciarlataneria! Io adoro Dio, invece! Credo in un Essere Supremo, in un Creatore, quale che sia, non ha importanza, il quale ci ha messi quaggiù per adempiere i nostri doveri di cittadini e di padri di famiglia; ma non ho bisogno di andare in una chiesa a baciare piatti d’argento e a ingrassare di tasca mia un branco di buffoni che mangiano meglio di me. Lo si può onorare benissimo in un bosco, in un campo, o addirittura contemplando la volta celeste come gli antichi. Il mio Dio è lo stesso di Socrate, di Franklin, di Voltaire e di Béranger. Sono d’accordo con la Professione di fede del vicario savoiardo e i principi immortali dell’89! Così io non ammetto un Dio alla buona, che passeggia in giardino con il bastone in mano, alloggia i suoi amici nel ventre delle balene, muore lanciando un grido e risuscita dopo tre giorni: cose assurde in se stesse e d’altra parte in contrasto con tutte le leggi della fisica; e questo dimostra, per inciso, che i preti si sono sempre crogiolati in una torpida ignoranza nella quale tentano di far sprofondare insieme con loro tutti i popoli.”

Ci voleva uno di destra

finiper dire chiaramente una cosa mancina.

da Corriere.it