Viaggio in America – Door County

Foto di Daniela Groppuso
Foto di Daniela Groppuso

Man mano che viaggiamo, la distanza dalle città non è scandita dai chilometri, ma da quella che possiamo definire “caratura della bellezza”. Le profondità di questa fetta di continente regalano infatti una meraviglia semplice, senza le strutture di una storia complessa come la nostra: qui nel Wisconsin si ammira ciò che è evidente, naturale e spontaneo.
Siamo nella Door County, una piccola penisola (piccola per le proporzioni americane, of course) sul lago Michigan. Un felice compromesso tra una clientela in stile Montecatini Terme e un panorama davvero indimenticabile. Foreste, parchi, corsi d’acqua e spiagge, tutto esplorabile con tutti i mezzi, in auto, a piedi, in moto, in kayak, in barca, in bici (con due o più ruote). Così si passa dal turismo agé di Sturgeon Bay, dove abbiamo fatto base, all’incanto del Pensinsula State Park, dal rischio di rimanere digiuni la domenica sera perché il novanta per cento dei locali è chiuso anche in piena estate, all’ebbrezza di pedalare in mezzo ai boschi alla ricerca dell’insenatura perfetta, magari sovrastata da un faro del secolo scorso. Tutto provato sulla nostra pelle. L’unica avvertenza che ci sentiamo di darvi è questa: quando vi lascerete ammaliare dalla three wheel bike (perché la bicicletta a due ruote la conoscete sin da bambini e questo non è un triciclo), tenete conto che state scegliendo il modo più faticoso per esplorare la zona.
La Door County si può tranquillamente visitare in due/tre giorni. Noi siamo stati all’Holiday Music Hotel, un grazioso motel pervicacemente aggrappato agli anni ’50 dove i proprietari mettono a disposizione dei clienti decine di strumenti musicali, e dove i materassi sono nuovi (uno l’abbiamo inaugurato proprio noi).
Panorami a parte, questi luoghi brillano anche della luce della loro gente, affabile e furbamente attenta alle esigenze del turista. Se andate in un qualsiasi centro informazioni, sarete accolti con gli onori dovuti a un’autorità per un motivo semplice: voi siete il loro datore di lavoro. Funziona così da queste parti.
Certo, ci sono le eccezioni. Tipo lo Stone Harbor Restaurant, dal quale siamo fuggiti dopo esserci imbattuti in un paio di cameriere troppo distratte e in un menù prefabbricato per polli in batteria.
Comunque, in generale, il nostro consiglio è quello di memorizzare l’indirizzo di un Walmart al quale ricorrere in caso di emergenza: da un’insalata a un panino, attraverso mille tentazioni esageratamente etniche, in questi supermercati c’è tutto a tutte le ore. Del resto, anche nell’ordinario, l’America è il Paese delle mille opportunità.

3 – continua

Viaggio in America – Oshkosh

Toponomastica di Oshkosh
Toponomastica di Oshkosh

La sensazione è quella di essere continuamente spiati da una telecamera di Hollywood. Questo lembo di Wisconsin alterna cittadine popolate da gente amichevole che parla come se masticasse a rarefazioni paesaggistiche spettrali. Provate ad arrivare a Watertown dopo le nove di sera (e per giunta in estate) e capirete molto del profondo Nord americano. La nostra esplorazione ha assunto caratteristiche estreme a causa di un curioso fenomeno che abbiamo chiamato “i turisti invisibili”. In tutto il Wisconsin trovare un posto libero in agosto è impresa assai ardua. Il quesito è: quando non dormono in hotel, dove si rintanano queste orde di turisti? Infatti difficilmente troverete una coda al ristorante o un ingorgo stradale, eppure in questo Stato e in questa stagione gli alberghi sono tutti pieni. La nostra salvezza coincide con qualche motel (come direbbe il nostro amico Giuseppe) che sta appena un gradino sopra il livello di civiltà: tanto che ogni volta che ti devi cimentare in un booking online, sei tentato di andare a cercare sul sito di Amnesty International.
Per questo parliamo di esplorazione.
Rimbalzando da un Super 8 a un Motel 6, la cui unica differenza può essere al limite trovata nella stazza delle receptionist, siamo allunati a Oshkosh, sul lago Winnebago. L’incanto del luogo è sublimato tutto in una domanda: quanti anni luce dista casa nostra? Ricorderemo Oshkosh, un tempo territorio di una tribù indiana dal nome impronunciabile, per due motivi. Il mercato del sabato dove in un ordinato bazar puoi passeggiare tra le marmellate degli Amish e il mais arrostito gentilmente proposto da un’etnia imprecisata, tra il brocantage spinto e il salutismo esasperato di un tale che ti misura la pressione e ti dice quando morirai. E l’aperitivo al tramonto al Fox River, un americanissimo luogo dove, eccezionalmente, americano è un estemporaneo sinonimo di delizioso: tavoli in riva al lago, avventori che approdano in motoscafo, e indimenticabili tacos con gamberi fritti in farina di mais. Unica nota stonata, e non è una trita metafora, anche stavolta, la musica: uno scellerato clone di James Blunt è riuscito a far convivere in modo criminale una voce fuori tono con una chitarra scordata. Per fortuna la birra è buona.

2 – continua

Viaggio in America – Chicago

Foto di Daniela Groppuso
Foto di Daniela Groppuso

In vacanza tra Chicago e la regione del grandi laghi. Da oggi rapidi resoconti sotto forma di consigli di viaggio.

Chicago – 3 giorni

La città gode di giustificatissima fama per un semplice motivo: è meravigliosa. La sua modernità storica dovrebbe essere un modello per le nostre città che non prevedono un compromesso tra innovazione e tradizione.
I “consigli per gli acquisti” e le tappe principali per una visita più o meno approfondita li trovate su qualunque guida. Qui è utile ricordare piccoli dettagli di non secondaria importanza. Ad esempio, approfittando dello stordimento del fuso orario (- 7 ore rispetto all’Italia) fatevi una corsetta all’alba sulla riva del lago Michigan (ma va bene anche una passeggiata, a patto che vi porti al cospetto dei giganti di acciaio e vetro della città). Oppure scartate il giro in battello consigliato dalla Lonely Planet e godetevi senza fretta il verde modernamente attrezzato del Millennium Park. Girate per la città a piedi e ascoltatela, lei e la sua musica, parlate alla fermata dell’autobus coi suoi abitanti (io ho canticchiato “Ladies Night” dei Kool And The Gang con uno sconosciuto), perdete più tempo possibile nel Loop.
Il cibo è la prova più difficile per noi italiani (meridionali per giunta). Io e Dani abbiamo fatto una scelta salomonica: 3 giorni, 3 stili. Sandwich madness all’ombra del Chicago Tribune, street food economico da Portillo e crab philosophy da Shaw’s a River North, un posto dove abbiamo mangiato benissimo e ascoltato un quartetto blues scarsissimo.
Per spostarci abbiamo scelto prevalentemente l’autobus (occhio alle donne autista che guidano come… donne autista). Vi consigliamo un numero: 151, la linea che corre da Nord a Sud, da Lincoln Park al South Loop.
Gli americani, com’è noto, mangiano male e si muovono bene, Chicago ne è una strabiliante conferma. Ci sarà un misterioso nesso tra le tonnellate di hamburger e patatine fritte consumate nei mille e mille ristoranti e le schiere di addominali scolpiti che popolano parchi e lungolago? Vedere per credere. Ed eventualmente trovare una risposta.

1 – continua

Di crauti, coppe e bettole felici

In altri tempi non mi sarei mai ritrovato a festeggiare per la vittoria calcistica della Germania. Ma nelle ultime settimane qualcosa è cambiato. Innanzitutto c’è stato un campionato mondiale che ha ribaltato molti luoghi comuni sulla fantasia e sulla classe di certi campioni. Poi, soprattutto, ho fatto un viaggio in Baviera. E lì ho scoperto perché la locomotiva tedesca non è solo un’invenzione dei giornali, perché la Merkel ci implorava di toglierci Berlusconi dai piedi, perché la qualità è frutto della furbizia e non solo della mera abnegazione, perché si può offrire eccellenza a prezzi competitivi e perché la dieta mediterranea non è affatto l’elisir di lunga vita se vivi in città sporche e inquinate. È vero, i tedeschi vivono meglio di come mangiano (mai come gli inglesi), ma sono un popolo dritto, fiero e lungimirante. Riescono a farti pagare il biglietto persino per far visita a un quartiere dormitorio – e tu paghi volentieri – e ti trattano da re anche nelle bettole.
La loro leva calcistica viene da decenni di errori e da secoli di crauti, la loro prospettiva e la loro strategia sono però sempre rinnovate e rinnovabili, perennemente in cerca di un nuovo punto focale.
Mentre noi cicaleggiamo, loro pedalano a testa bassa. Mentre noi ci incantiamo dietro al primo pifferaio stonato che promette chissà che, loro cambiano organici, rinnovano vertici, guardano tutto tranne il proprio ombelico.
Ecco perché se vincono il campionato mondiale di calcio non c’è da stupirsi, ma da gioire. Una volta tanto i più forti onorano la legge di natura, che impone loro di vincere e mandare affanculo tutti gli altri.

C’è del bello in Danimarca

Uno scorcio di Ribe, in Danimarca
Ribe, nello Jutland. La città più antica della Danimarca

La Danimarca è il Paese ideale per una vacanza non lunghissima, basta una settimana o poco più per visitarla senza che vi prenda quella strana sindrome da “eccesso di civiltà” ben nota a chi, come il sottoscritto, è nato e vissuto in un posto come la Sicilia.
Il dato fondamentale mi pare questo: la Danimarca è un posto ordinato, bello e semplice che  fa della regolarità – civile, geografica, politica, persino storica – un monumento.

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Piccole soddisfazioni

L’altra sera eravamo al ristorante con amici. Si avvicina un giovane, sorridente. Si complimenta con me per il blog e con mia moglie per le foto. Solo dopo si presenta e spiega che finalmente può manifestare il suo gradimento perché non lavora più per un’azienda “nemica” di questo blog e del suo tenutario. Prima di andarsene rivela che sta per partire, destinazione la Camargue: dice di averne letto da queste parti.
Buon viaggio Marco!

Il ciclista del faro

Foto di Daniela Groppuso

Se avete un fine settimana libero o avete in programma di fare una vacanza in Francia, ho un consiglio da darvi. Prendetevi il tempo – bastano due giorni – per arrivare sino a Saintes Maries de la mer in Camargue. Lì affitterete una bicicletta – 10 euro per quattro ore, 15 per tutta la giornata – e pedalerete verso la riserva naturale. Dopo circa 15 chilometri arriverete al faro de la Gacholle, scatterete una foto come quella che vedete in questa pagina, ringrazierete Dio per avervi regalato due gambe solide e un panorama inaudito, e inizierete la pedalata di ritorno.
A Santes Maries de la mer vi accomoderete in uno dei tanti ristorantini che strillano i loro menù su colorati cartelloni in mezzo alla strada e con  altri 15 euro mangerete un’ottima paella che – incredibile ma vero – è una delle specialità del luogo (l’altra sono le moules et frites, cozze con patate fritte, roba per uomini di fegato, inteso come organo).