Fumo

Per far fronte a una smemoratezza congenita, tendo a prendere appunti e a segnarmi tutte le date che hanno una certa importanza. A parte compleanni e onomastici celebro quindi tutta una serie di anniversari e ricorrenze che un essere umano potrebbe benissimo risparmiarsi.
Senza entrare troppo nello specifico ma per darvi un’idea, festeggio una data in cui ho fatto un passo che allora mi sembrava più lungo della gamba e che invece era una scelta saggia, una solenne mandata a fare in culo, il compleanno della casa in cui oggi vivo con mia moglie, il buco di un orecchino, la ricorrenza di un contratto stracciato.
L’altro giorno, ad esempio, la sveglia del telefono cellulare (lo strumento deputato a dare notizia di appuntamenti e ricorrenze) mi ha ricordato che non fumo da tre anni. Mi sono congratulato con me stesso per una coerenza che non credevo di avere, ma soprattutto mi sono meravigliato per come è stato facile dimenticarmi delle sigarette dopo trent’anni di schiavitù. Questione di ambiti e compagnie.
Temo che un non fumatore faccia una vita migliore, con gente migliore e prospettive migliori. Anche se conosco imbecilli che non hanno mai toccato una sigaretta e persone preziose che non riescono a liberarsi dal vizio.

Uomini che odiano le bionde

Quando fumavo, scambiavo informazioni come queste per terrorismo psicologico. Da quando ho smesso, pur non essendo diventato un talebano dell’antifumo, ho cambiato atteggiamento: leggo con attenzione le ricerche sui danni causati da nicotina, catrame e altre schifezze che scaturiscono dalla combustione del tabacco; mi congratulo con gli amici che smettono (e sono sempre di più); offro la mia testimonianza a chiunque abbia dubbi o timori.
Senza le sigarette – e sono passati quasi tre anni – la mia vita è migliorata sotto tutti i punti di vista. Che sono talmente tanti da essere riassunti in una sola frase: chi fuma fa una cosa tremendamente stupida.

Segnali di fumo

Ieri il divieto di fumo nei locali pubblici in Italia ha compiuto cinque anni. E cinque anni fa lo giudicai una gran rottura di scatole. Mi dissi: vorrà dire che andrò meno al ristorante e sfumacchierò con maggior soddisfazione sul balcone di casa. Considerazione fallace, come non di rado capita nelle vite delle persone che devono imparare a crescere.
Ora che sono cresciuto, e non soltanto dal punto di vista anagrafico, non benedico quel provvedimento solo perché era troppo blando.
La libertà di fumare è, in realtà, una falsa libertà. E non per gli altri quanto per se stessi.
Solo smettendo o provando a smettere ci si rende conto del fastidio che ci si è imposti nel dover affermare che la sigaretta è un vizio privato e che quindi non può essere imbrigliato in una categoria di danno comune.
“L’aria è di tutti” ho sentito dire una volta a una signora che brandiva una Marlboro in un bar di New York, mentre gli astanti la guardavano con disprezzo nonostante si trovassero tutti all’aperto, in una terrazza di un hotel. No, l’aria non è di tutti. E’ di chi non la ammorba e soprattutto di chi ha i mezzi per gustarsela: un paio di polmoni sani, ad esempio.
Per questo ho scritto questo post ecumenico, forte del mio insulso record di astensione dal fumo: domani sono sette mesi.

Ispirati dall’abitudine

ispirazione

L’abitudine alla lunga rischia di incatramarsi nel vizio. E io che sono un abitudinario da Guinnes dei Primati ho la presunzione di parlarne come da una cattedra.
Però è bello, e anche divertente, scardinare certe serrature che riteniamo di aver piazzato per protezione e invece sono lì soltanto a significare chiusura, privazione e un po’ prigionia.
Sempre in chiave personale, per qualche decina d’anni ho ritenuto, ad esempio, che non è il mattino ad avere l’oro in bocca, ma il cuscino. Sono stato, per vocazione e per professione, un tiratardi: quando ero costretto ad alzarmi alle otto del mattino – orario che con fallace dose di approssimazione definivo “da panificatore”- mi ritrovavo cotto già a mezzogiorno. Invece ultimamente ho provato a innescare la detonazione della sveglia qualche ora prima e, a poco a poco, ho scoperto che non è poi così male.
Potrei dilungarmi in altri esempi: abbandonare la diffidenza e provare a fidarsi, addolcire gli estremismi di certe abitudini alimentari, eliminare timori ingiustificati, leggere un altro libro di Cormac McCarthy, trascorrere un Capodanno in una città d’arte, vestirsi come una persona civile, imparare a contare prima di rispondere. Insomma credo che l’unica panacea contro un’abitudine sia un’altra abitudine, temporanea, rarefatta, folle.
E voi? Quante tendenze ripetitive, anche balzane, siete riusciti a eliminare?