Dunque abbiamo trovato il colpevole. Se l’Italia si ritrova a discutere di un premier che smanetta col telefonino per cercare di mozzare le teste dei giornalisti televisivi che non gli piacciono, la colpa è di Franco Viviano.
La visione berlusconiana della vita spinge a considerarlo un malfattore che ha sottratto fraudolentemente un fascicolo da un ufficio di una procura, per darne conto sul suo giornale.
La visione non berlusconiana lo identifica invece come un cronista che fa il suo mestiere: cioè raccogliere notizie che dovrebbero restare nascoste e renderle pubbliche come deontologia comanda.
So già come finirà.
Prevarrà quella stramba giurisprudenza sociale che in Italia vuole sugli altari chi commette il reato e nella polvere chi lo denuncia (anche a rischio della propria incolumità).
Tra qualche anno ai sopravvissuti di questa follia istituzionale travestita da trionfo della democrazia si potrà raccontare che nell’anno 2010 era giustificabile compiere un piccolo reato (come sottrarre un fascicolo dal tavolo di un giudice “benevolmente” distratto) pur di smascherare colui il quale pretendeva che i propri reati fossero, per decreto, cancellati. O, peggio, caricati sul groppone altrui.
E si dovrà ammettere senza moralismi che le fedine penali al lordo delle rivoluzioni non sono mai candide.
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Chiedere al presidente della Repubblica italiana di combattere con tutto il suo peso istituzionale le scelte dissennate di un esecutivo ebbro di onnipotenza è una follia.
E ciò per due motivi.
Primo. Il ruolo del capo dello Stato è – come molti esperti tra voi mi insegnano – rappresentativo e poco influente.
Secondo. Giorgio Napolitano è un maestro nell’arte dell’ovvio. Un acrobata da cintura Gibaud e sandali del dottor Scholl. Il presidente di tutti gli italiani, ma soprattutto di quelli sonnambuli.
Basti notare come ha “fatto irruzione” (le virgolette non stanno lì a caso) nel gran casino delle indagini di Trani: “Rispettare le indagini e le ispezioni” ha detto dopo averci pensato su una settimana. Che è come dichiarare che il pane fa bene ma fa anche ingrassare. O che il mattino ha l’oro in bocca ma che dormire fino a tardi è una goduria. O che il freddo secco è un’altra cosa rispetto a quello umido.
Non c’è niente da fare.
Nonostante il cliché che i giornali riesumano in questi casi (monito di Napolitano), nel migliore dei casi il Presidente suscita uno sbadiglio. Nel peggiore – almeno nel mio caso – stimola una riga che però leggerete censurata: kjahfq§owiu*hywp°ofkn#mv.cnçzx[v,mzbx%fh$jasGD£HJ=§vz.