Vaselina e pannocchie

Santarém – Golegã

Ho sempre diffidato delle scorciatoie. Però stamattina, nel rincoglionimento tra caldo e fatica, per una volta ci ho fatto un pensierino. La mappa mi suggeriva un itinerario che mi avrebbe fatto risparmiare un chilometro. Sì lo so, dite: e che sarà mai un chilometro? Se lo dite è perché siete sdraiati al sole o spalmati su un letto fresco, perché se foste al posto mio, coi chilometri che pesano sulle mie spalle più delle tasse che ho da rateizzare nei prossimi mesi, direste: minchia, un chilometro!
Il problema è che mi trovavo immerso in una sterminata piantagione di mais e che già sul sentiero tracciato mi muovevo tipo Jack Nicholson nel labirinto di Shining. Solo che invece del ghiaccio c’era il granoturco. Insomma la notizia non è che ho mancato clamorosamente il sentierino da furbo, ma che per cercarlo ci ho messo un altro chilometro, tra avanti, indietro, prova quel viottolo, aggira quella parete di pannocchie, entra nel fango, esci dal fango (il granturco ha bisogno di acqua, minchia!), cerca qualcuno che ti dia un parere, constata che non c’è anima viva nel giro di dieci chilometri (se il mais soffrisse di solitudine ci sarebbero tutti gli estremi per una carestia). Ovviamente la scorciatoia non si trovò mai.

Di occasioni mancate è fatta la vita, lo sappiamo. Ma negli anni ho imparato che è fatta soprattutto di luoghi cannati. Una volta, nel Cammino del Nord, mancai in toto un paese nel quale dovevo dormire. Non lo trovai mai e l’argomento diventò negli anni una specie di meme con la mia agente di viaggio, quella alla quale affido tutte le mie fisime verso aprile quando scelgo un posto in cui andare a spargere le mie gocce di sudore.
E a proposito di sudore, tenendo la barra della narrazione a dritta per evitare dettagli maleodoranti, mi incarico dell’elogio di una cosa che è solitamente relegata alle mere questioni farmaceutiche o a quelle più pungenti dell’ironia.
La Vaselina.
I miei Cammini (e non solo i miei) sono basati su tre certezze (tipo le tasse, la morte e il silenzio di Badalamenti): le scarpe, lo zaino e la Vaselina. Di scarpe e zaino vi ho detto. Di Vaselina vi confesso che ho qualche remora a parlarne. Perché nessuno ha gioia a oliarsi se non è un bodybuilder o una melanzana, ma forte è la tentazione di spiegarne i vantaggi. Evitare lo sfregamento è, del resto, anche una buona regola di vita sociale.
Il problema semmai è poi lavarla via tutta quella Vaselina, che attira polvere, inguaina la pelle, entra nei vestiti e ti rende un animale sguisciante che cerca solo il suo destino: che sia farina e olio bollente o scrub e bagnoschiuma è un dettaglio ininfluente nella infinita narrazione dei pori dell’universo.

6 – continua

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Equilibrati ed equilibristi

Azambuja – Santarém

Non mi ha mai acceso l’idea di inseguire un equilibrio. Credo anzi che le migliori idee, le migliori invenzioni nascano dal disequilibrio, più precisamente dal flusso tra due pesi, unità diversi. E’ un concetto tipicamente fisico, se volete. Ma ha una sua rispettabile opinabilità. Conosco molte persone che si sentono a disagio fuori dalla loro bolla che tendono a mantenere integra e lontana da possibili disequilibri.
Inutile ribadire (o forse no) che non parliamo di squilibri che hanno a che fare con la salute mentale, con la nostra idea di giustizia e con le corrette dinamiche sociali.
Ma è utile dire – visto che questo è il mio diario – che l’unica occasione in cui sovverto questa visione dell’equilibrio è quando mi imbarco in Cammini o spedizioni faticose. In quei frangenti l’equilibrio lo cerco, lo bramo, lo sogno nel vero senso della parola (qualche notte fa senza vergogna mi sono svegliato pensando a una tappa impegnativa e a come affrontarla al meglio).

Prendiamo la fatica. La fatica è di tutti, non solo degli sportivi o dei forsennati. La fatica è il miglior arnese con cui fare le cose, quindi non fate spallucce se siete divanisti con laurea ad honorem in sollevamento telecomando. Da ex maratoneta ho sempre pensato a come dominarla, la fatica, a come superare il limite. Anche in montagna da giovane, giocando con l’effetto dell’altitudine, mi sono drogato di emozioni che erano fiammate, strappi di adrenalina. 
Poi da camminatore tutto è cambiato. La fatica non si domina più, ma si previene. Si gioca di tattica, si tengono bassi i battiti perché l’unico modo per raggiungere il risultato è cimentarsi in piccole somme. Questo più questo più quell’altro, a poco a poco, mi condurrà all’obiettivo. Senza giochi di artificio, senza picchi ostentati. La prevenzione della fatica è la più importante palestra di equilibrio che abbia mai frequentato. E metteteci tutte le metafore di cui siete capaci, ognuno si merita quella che riesce a partorire.
E ancora il vento. Il vento in Portogallo per quelli come me è una delizia senza croce. Ci si muove con 30 gradi con un vento fisso (al momento, ma anche no) di 25-30 km all’ora. Vento da Nord, quindi contrario al mio cammino. Il che comporta un sottile esercizio di equilibrio psicologico tra godimento per l’effetto refrigerante e sofferenza per la disidratazione, poiché col vento il sudore evapora prima con quel che ne consegue. 

Oggi, gambe stanche e spalle doloranti, mi piace pensare che l’unico equilibrio che vale la pena di cercare, quando non si è più giovani e non si è ancora decrepiti, è quello tra i propri desideri e il proprio orgoglio. 
E intanto mettere un passo davanti all’altro. 

P.S.
Comunque domani vi parlo di Vaselina… 

5 – continua

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