Non è il Cammino di Santiago, né qualcosa di simile. La Via Francigena è un’altra cosa. Attraversa una diversità orografica più complessa, ma ha un’accoglienza meno curata. È meno affollata (anche se il mio Cammino del Nord è stato perfetto su questo punto ma, si sa, il Cammino del Nord è uno dei più selettivi tra i cammini verso Santiago), ma ha una segnaletica peggiore. È più costosa, ma si mangia infinitamente meglio.
Insomma quest’anno, per via di una combinazione di impegni e di un mood che mi spingeva a diversificare, ho fatto (anzi, sto facendo) un’esperienza sportiva divisa tra alpi occidentali e Dolomiti.
Qui vi dirò di un mini itinerario di otto giorni per quella che chiameremo Via Francigena for dummies: da Aosta a Vercelli, 150 chilometri abbordabili che possono essere un buon banco di prova per cammini più impegnativi, anche in coppia. Dicevo, bastano otto giorni, uno zaino che dovrebbe pesare al massimo il 10 per cento del vostro peso corporeo ma che quasi sempre, ineluttabilmente, si aggira sui dieci chili, e un paio di scarpe scelte con attenzione: io consiglio scarpe da running (tipo Asics Cumulus); non fate porcherie con scarponcini di cuoio alti o peggio ancora con sandali e calze (ne ho visti da paura e sgomento, dio degli alluci assistili!). Scarpe leggere sempre, in estate. E vaselina a tempesta, dappertutto, in ogni piega del vostro corpo, sbizzaritevi, tanto siete in missione per conto del dio dei passi perduti: che è il dio che ci allontana dai sentieri pericolosi e ci guida sulla via per casa, insomma il migliore dio che si possa immaginare.
Le tappe (ma sotto troverete uno schema).
Le guide consigliano una prima tappa unica da Aosta a Châtillon di quasi 28 chilometri. Dimenticatevela. È un massacro di salite e arsura, di muscoli e cervelli cotti (d’estate, of course). Dividetela in due, questa benedetta tappa.
Fate Aosta-Nus e vi ricoverate all’hotel Dujany, un due stelle molto ma molto spartano che però ha un vantaggio ineguagliabile (a Nus!): una piscina mooolto fresca che è una gioia per chi arriva da 15 chilometri di salite e arsura, polvere e sudore. Vi mettete ammollo così l’indomani sarete carichi per i restanti 13 chilometri per Châtillon che sono pieni di salite.
Châtillon- Verres è abbastanza dura, se c’è caldo.
A Verres una tappa culinaria è senz’altro Tanpi (dove fanno degli gnocchi rossi e una cacio e pepe notevoli).
La tappa per Pont Saint Martin è invece facile, ma c’è un’occasione imperdibile: mettere Bard tra le mete preferite. Ci passate un po’ stanchi e sfatti. Ma raggiunto il vostro alloggio, quattro-cinque chilometri più avanti, fate di tutto per tornare per sera (a Pont Saint Martin non c’è un tubo). Noi abbiamo osato alla grande: biciclette, luci frontali e via pedalare, all’andata in salita con quel che ne consegue, al ritorno segno della croce e affidamento al doping di entusiasmo.
A Bard fate due cose, o tre: un aperitivo in un piccolo bar che ha i tavoli quasi a strapiombo sulla stradina del centro storico; una foto sul ponte al tramonto; e una cena (per questa dipende dai gusti e dalla voglia di spendere) scegliendo possibilmente un pinot nero.
La tappa per Ivrea è più lunga e ha una serie di saliscendi da mettere nel conto. A Ivrea, almeno nella nostra esperienza agostana, c’è una strana percezione della temperatura: nei B&B e nei ristoranti (anche in quelli più quotati) è difficile trovare aria condizionata, persino con 35 gradi. Forse fanno incetta di calore per l’inverno. Comunque qui c’è un bel ristorante da visitare, sperando che abbiano migliorato il servizio, per via di una strana sindrome del ferragosto di cui abbiamo già parlato.
Da Ivrea a Viverone è una lunga sgroppata ciottolosa che parte da un netto di 20 chilometri, ma a seconda di quale struttura avete scelto per il pernottamento può riservare scomode sorprese. Ad esempio chi scrive è finito un “pizzo di montagna”, ufficialmente vista lago ma in realtà tre chilometri più in su. Letteralmente più su. Per arrivare all’hotel ho dovuto aggiungere alla dotazione del 20 chilometri altri 3 mila metri: che fatti poi in discesa per rientrare nella via, il mattino dopo, fanno sei chilometri in più. Attenzione, come ho più volte ripetuto, la scelta degli alloggi, la loro collocazione geografica, ha una grande importanza perché tappa dopo tappa raggiungerli e recuperare la via del cammino costa decine di chilometri. Quindi occhio, quando scegliete a freddo, magari d’inverno al comodo delle vostre poltrone…
Le ultime due tappe per Santhià e per Vercelli sono chilometri nelle gambe e quasi null’altro. Man mano che si abbandonano le montagne – esattamente come avviene nel Cammino del Nord – gli scenari si appiattiscono e il paesaggio diventa sempre più simmetrico. Dopo le viti, le risaie. Dopo l’acqua scrosciante dei ru, gli antichi canali di irrigazione, il caldo asfissiante della pianura.
Però arrivare è realizzare, chiudere un cerchio.
Soprattutto è importante tener conto per tutto questo cammino viaggerete sulla strada per le Gallie degli antichi romani: vi emozionerete ad attraversare ponti di duemila anni, o a calpestare le pietre segnate dai carri e dalle ambizioni di popoli che vivevano sotto un’altra luce e che temevano altre ombre.
È un’esperienza che può preparare o disilludere, stimolare o intimorire. Dipende dal passo con cui si incomincia, e non solo in senso fisico.
Camminare, in fondo, è la più azzeccata metafora della vita: non importa tanto andare avanti, ma guardarsi intorno. E possibilmente gioire.
Aosta – Nus 15 km
Nus – Châtillon 14 km
Châtillon – Verres 19 km
Verres – Pont Saint Martin 15 km
Pont Saint Martin – Ivrea 22 km
Ivrea – Viverone 21 km
Viverone – Santhià 17 km
Santhià – Vercelli 27 km
La seconda parte del viaggio qui.
A questo argomento è dedicato il podcast in due puntate “Cammino, un pretesto di felicità” che trovate qui.