E qui comando io

Lo mettono sotto inchiesta per concussione e minacce, e lui mette sotto inchiesta chi lo ha messo sotto inchiesta.
Se c’è  un programma televisivo che non gli piace, lui anziché usare il telecomando usa il telefono (la battuta, che ci crediate o no, è di Pierluigi Dark Bersani).
I suoi correi, accusati di favoreggiamento personale (Giancarlo Innocenzi) e di rivelazioni di segreto inerente a un procedimento penale (Augusto Minzolini), sono considerati, nell’unanime logica berlusconiana, persone al di sopra di ogni sospetto: il fatto che lui stesso li abbia piazzati dove sono – e dove esercitano il ruolo di correi – è una mera coincidenza, un misero pretesto per una volgare azione penale esercitata abusivamente.
Di mattina i suoi avvocati lo difendono in tribunale da quegli stessi reati che, nel pomeriggio, cercano di abolire in veste di parlamentari. Lavorano full time.
La legge non è legge senza il suo permesso. E contro la perentorietà delle norme c’è sempre il comodo ricorso al potere. Se una cosa non gli piace, lui la cambia. Se una cosa non gli conviene, lui la cambia. Se uno si rifiuta di cambiare ciò che non gli piace o non gli conviene, lui lo cambia.
Dal berlusconismo non si esce senza vittime.

Desiderata

Binario

di Daniela Groppuso

«L’uso che Biagi e… come si chiama quell’altro? Santoro… e l’altro?… Luttazzi, hanno fatto della televisione pubblica, pagata coi soldi di tutti, è un uso criminoso. E io credo che sia un preciso dovere da parte della nuova dirigenza non permettere più che questo avvenga».

Silvio Berlusconi – Sofia, 18 aprile 2002

«Basta, finiamola con questo scandalo. Quello che bisogna concertare è che la vostra azione permetta di chiudere la trasmissione.(…) L’ho chiesto anche a Calabrò (presidente dell’Agcom, ndr) (…) Non voglio più vedere Antonio Di Pietro in tv».

Telefonata di Silvio Berlusconi al commissario dell’Authority per le Comunicazioni Giancarlo Innocenzi – 14 novembre 2009