Sgarbi senza sorprese

Dopo il flop della prima (e conseguentemente unica) puntata del suo nuovo programma, Vittorio Sgarbi, pur facendo autocritica, dà la colpa alla Rai perché non sarebbe interessata alla cultura.
E in qualche modo instilla il ragionamento secondo il quale, con questo pubblico, in prima serata hanno successo solo morbosità di cronaca e reality.
Non siamo lontani dalla realtà.
Tuttavia è giusto chiedersi se Sgarbi sia il protagonista ideale per un programma di buon livello culturale. E qui dobbiamo distinguere il critico dal personaggio. Se da un lato Sgarbi, piaccia o no, ha tutte le carte in regola per parlare di arte, dall’altro la sua frequentazione continua di ogni salotto televisivo in cui si discetta di Avetrana come del Grande Fratello, di sesso come di politica, di veline come di santi, lo rende mediaticamente vulnerabile: perché la sovraesposizione toglie appeal, e un personaggio che si rispetti deve (anche) incuriosire.
Invece di Sgarbi sappiamo tutto, anzi sappiamo tutto di ciò che Sgarbi sa.
Il programma su Raiuno doveva essere il contrappeso alla tv di sinistra, la celebrazione della fulgida cultura nazionale, un kolossal costosissimo, il nuovo modello di televisione di qualità.
Gli italiani non l’hanno guardato. Probabilmente perché non era scritto bene, probabilmente perché preferivano qualche tetta e qualche culo, probabilmente perché a nessuno piace aprire un pacco in cui c’è scritto “sorpresa” e trovarci dentro la solita bottiglia di whisky avanzata da Natale.

Scazzi amari

Sarah Scazzi scompare da un paese sconosciuto chiamato Avetrana e di lei si perdono le tracce per un mese e mezzo, si pensa a una fuga, si arriva a incolpare Facebook, poi si scopre che ad ammazzarla è stato lo zio Michele che l’avrebbe anche violentata da morta, poiché da viva lei non gli si concedeva, e che viene arrestato mentre la madre della vittima in tv sta lanciando l’ennesimo appello per ritrovare sua figlia il cui corpo viene effettivamente rinvenuto in un pozzo oscuro come il crimine di un caso inestricabile in cui ci sono troppi testimoni sotto i riflettori, ognuno con la propria verità, come la figlia dell’assassino, Sabrina, che viene accusata di complicità nel delitto perchè avrebbe avuto nei confronti di Sarah un’invidia per questioni sentimentali o come una sua amica, Mariangela, che parla coi magistrati e inguaia Sabrina senza però chiudere il cerchio perché prima zio Michele confessa di avere ucciso da solo, poi si corregge  dicendo di aver ucciso insieme alla figlia Sabrina, infine rivela di averla solo aiutata, la figlia, e di non aver torto un capello alla povera Sarah, ma di averla solo seppellita (mentre in realtà l’unica certezza è che sta cercando di seppellire la figlia).

To be continued.

La colpevole è la vittima

Un uomo ammazza la nipote con la complicità della figlia, ma la moglie teme per la vita della figlia perché, dice, in realtà lui adesso vuole uccidere la figlia che, dal canto suo, dice di essere stata incastrata dal padre che invece la accusa, mentre la moglie dice: io non ho paura.
Sta a vedere che la colpa è tutta della nipote che è morta senza darsi pena di lasciarci neanche un appunto per la prossima puntata di “Chi l’ha visto?”.