Lui non lo sa, ma con quella filippica grugnita in un palermitano strascicato in cui ammonisce una sua amica dal mandare la figlioletta alla manifestazione per Falcone e Borsellino, sta facendo un pessimo servizio alla sua consorteria criminale. Il mafioso Maurizio Di Fede ribatte a una madre che si giustifica “ma in fondo è solo una cosa scolastica”: “Noi non ci immischiamo coi carabinieri, non ci immischiamo con Falcone e Borsellino”. Persino la donna appare incredula alla grossolana intransigenza del mafioso e ci ride su. Non ci ridono sui quegli stessi carabinieri coi quale Di Fede non si vuole immischiare: che infatti lo arrestano senza batter ciglio e consegnano l’audio delle sue esternazioni al pubblico giudizio. Soprattutto quello dei mafiosi, che sanno bene purtroppo come la sommersione, il basso profilo possa essere utile alla lunga. Quante volte l’antimafia è stata usata dalla mafia per travestirsi, per infiltrarsi? Molte, troppe.
Fabrizio Miccoli a parte, le offese a Falcone fanno parte di un copione trito che tende a rendere macchiette, a inscrivere una strategia criminale in un momento storico senza tempo, come se dalla strage di Ciaculli alla mafia cibernetica fosse un attimo. Ecco perché il sedicente capo che sfoggia il suo potere su una donna che manda ordinariamente la figlia alle attività della scuola è un errore blu nell’ortografia sbilenca di Cosa Nostra. Perché abbassa la soglia del ridicolo, attira la risata nascosta di chi gli sta vicino, rende visibile il disagio mentale di uno che crede ancora che vietare un corteo a una ragazzina sia un buon modo di seminare sani principi criminali. Senza nasconderci – e diciamolo – che molti bambini non sanno un tubo di Falcone e Borsellino: illuminante un’intervista di ieri al Tg3 Regione in cui alla domanda “sai chi era Falcone”, un bambino ha risposto: “Uno famoso…”.
Insomma alla fine forse ci dobbiamo arrendere che, a parte i crimini di cui è accusato, questo Di Fede è pure un diffamatore di Cosa Nostra.
Fossi Messina Denaro lo querelerei.