Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.
Prima scena. All’aeroporto Falcone Borsellino, un ragazzotto avvicina per strada i passeggeri appena sbarcati. Espone i palmi delle mani come per rassicurare che non ha brutte intenzioni e, cercando di eliminare ogni inflessione dialettale, chiede: “Scusate, dovete andare a Palermo?”. Poi offre la sua alternativa: “Con sette euro a testa, quasi quanto il biglietto del pullman, vi porto a casa col mio taxi”. In realtà il taxi non è suo, ma dello zio che gli ha ceduto in affitto la licenza. E la partenza avviene solo quando si riesce formare un gruppo di cinque persone, anche se talvolta il ragazzotto riesce a stiparne sei nella sua auto. E i bagagli? “Nessun problema”, tranquillizza. “Sono un campione di Tetris”. E c’è da credergli nell’ammirare l’abilità con la quale è in grado di stipare otto tra trolley e valigie in un portabagagli che a occhio avrebbe potuto contenerne la metà.
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Seconda scena. A Palermo in viale Piemonte, all’incrocio con viale Lazio, c’è un gruppo di venditori abusivi di merce varia. Arance, ananas, fragole, noci di cocco. Uno di loro vende fiori. Rose a basso prezzo e, in questo periodo, fresie. E’ un tipo sveglio che mostra di saperci fare. Il cliente da semaforo è irritabile, si spazientisce facilmente e soprattutto esercita la supremazia dell’acceleratore: “Sapessi quante volte ho rischiato di essere arrotato”, ridacchia con un smorfia da uomo di mondo.
Il venditore di fresie ha una tecnica collaudata. Parte con un prezzo, diciamo otto euro. Poi se non viene subito mandato a qual paese, scende a cinque euro. Deve essere rapido nel meccanismo di contrattazione, giusto il tempo di un semaforo rosso. Poi il cliente andrà via e addio affare. E qui mostra la sua abilità. Se è riuscito a stabilire un sottile filo di comunicazione, passa subito al “tu” e ti dà il mazzetto. “Me lo paghi la prossima volta”, ti dice. E dice sul serio perché se tu accetti i fiori, lui si gira e se ne va. Davvero.
L’operazione dà i suoi frutti. “Quasi sempre le persone saldano il debito, anche lo stesso giorno”, racconta. “Quelli che non mi hanno pagato me li ricordo tutti, la maggior parte avevano macchinone di lusso. Ma che ci possiamo fare…”. Anche lui ha il suo rischio di impresa.
Non sfuggirà che queste due scene raccontano la stessa storia. Al di là della liceità dei comportamenti, è interessante constatare come in tempi di crisi anche la cosiddetta arte di arrangiarsi, che è già espressione di forza di adattamento, si adegui ulteriormente alle asperità economiche. Qui il comune denominatore è l’abilità nel sapere gestire quel patrimonio prezioso, e deperibile, che è la fiducia altrui. Il tassista clandestino e il venditore di fiori da semaforo si muovono nell’illegalità con metodi che sembrano legali, perché gentili ed educati.
E’ vero, anche in stato di necessità non c’è deroga alle leggi che autorizzi salvacondotti o simpatie sociali. Ma constatare che, nella nostra terra, alla disoccupazione e alle tristezze ad essa connesse non si oppongono soltanto la disperazione delle casalinghe prostitute per necessità e la violenza dell’autolesionismo, è una piccola, inconfessabile, consolazione.