Tra i milioni di difetti che mi ritrovo non c’è, credo, quello dell’invidia*. E non per virtù, ma per praticità. L’invidioso è un concorrente mancato, un rompicoglioni in contumacia, un onanista della lamentela: uno che spaccia la noia per riflessione, salvo addormentarsi nei momenti più “creativi”. Insomma non è un polemista, ma un mestatore solitario.
Ci pensavo ieri mentre leggiucchiavo qualcosa su internet. Scarseggia, nei blog, il materiale originale – quello che propone, suggerisce, testimonia – mentre crescono i contributi di rivalsa personale: io sono migliore di te, il mio sito è bello e inarrivabile (mentre si suppone che quello del vicino, a dispetto dell’erba, sia meno verde), io a questa cosa ci ho pensato prima degli altri.
L’invidia ha sul web forme variopinte, estremamente divertenti. Se l’invidioso non può competere con il suo avversario, perché non ha le capacità, la struttura tecnologica, la storia, allora assume altre forme, si incarna in altri corpi e si cimenta in altri codici che, badate bene, saranno sempre riconoscibili a una mente mediamente lucida. Perché l’invidioso, in fondo, è anche un po’ scemo.
Il soggetto in questione trafficherà con mezzi analoghi a quelli del suo competitor, senza mai scendere in diretto conflitto: altrimenti non sarebbe un concorrente mancato, sarebbe una persona normale. Si manifesterà sotto altre spoglie, non muoverà mai una guerra diretta, parlerà a mezza bocca, farà incetta di amici tra i nemici del suo bersaglio, rinnegherà pensieri e parole pur di assemblare nuovi pensieri e parole che giustifichino la sua minima esistenza.
In più utilizzerà tutti i mezzi al di sotto della cintola per colpire l’avversario, infischiandosene dei regolamenti che richiamano il regime del rapporto causa-effetto. L’invidioso non trova più l’origine del suo rancore già cinque minuti dopo l’evento che lo ha messo in agitazione.
Se avete la sventura di incontrarne uno che ce l’ha con voi, e siete in uno stato di grazia, provate a chiedergli qual è il motivo di tanto astio: ne ricaverete una risposta confusa, tanto più rarefatta e delirante quanto abissale è la qualità della vita che vi divide. Perché – dettaglio che non può passare in sordina – l’invidioso fa una vita peggiore della vostra. E lo status sociale non c’entra nulla, si può vivere male a qualunque longitudine lavorativa e reddituale. Solo che l’invidioso non ha aspettative di miglioramento, altrimenti gli verrebbe a mancare il terreno sotto i piedi. E lui ci tiene a calpestare il fango giusto.
* ma posso sempre sbagliare.
Anche io sxonosco l’invidia.
Non sono però d’accordo nel ritenere innocuo l’invidioso:
non è vero: è pericoloso, capace di tutto,il
suo animo vede nella persona invidiata un oggetto da uccidere. Uno dei vizi capitali
più miserabili
Anche in letteratura l’invidia assume forme interessanti, così Dante nel XIII del Purgatorio:
“Di vil ciliccio mi parean coperti,
e l’un sofferia l’altro con la spalla,
e tutti da la ripa eran sofferti.
Così li ciechi, a cui la roba falla,
stanno a’ perdoni a chieder lor bisogna,
e l’uno il capo sovra l’altro avvalla,
perché ‘n altrui pietà tosto si pogna,
non pur per lo sonar de le parole,
ma per la vista che non meno agogna.”
In Dante, giustamente citato da Mara, gli invidiosi pagano la pena con gli occhi cuciti.
Nella religione buddista l’invidia è assimilabile all’odio.
L’invidioso può porre in essere nefandezze, sino
al delitto. Da non stttovalutare!!!!!
l’invidioso vive nell’insoddisfazione perenne della sua vita e nella tristezza infinita di non saper gioire della felicità altrui, poveretto
Tu, Gery, non sbagli mai.
Sbaglio, Jana, ma per altri difetti.
E’ sempre di attualità’ a proposito d’invidia quello che diceva il piu’ grande statista inglese”La gente perdona tutto meno che il successo”ed e’ quello che quotidianamente constatiamo in tutti i campi.