Non ho mai avuto stima per il politico Salvatore Cuffaro, l’ho avuta per il Cuffaro imputato che con dignità ha ribadito fino all’ultimo, a sentenza emessa, la sua fiducia nella magistratura. A conferma che, anche nell’errore, si può mantenere viva la fiammella della civiltà.
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Quando la normalità diventa rivoluzionaria.
Sign O’ the times, cantava Prince….
Non sono una cuffariana, non lo sono mai stata. Ho conosciuto, però, Cuffaro e ho avuto modo di intervistarlo e parlargli, faccia a faccia, in più di una circostanza. Al di là delle accuse, delle sentenze e del corso delle cose, mi è stato, sin dal primo istante, umanamente, simpatico. Una persona gentile, sorridente, su tutto educata (che, al giorno d’oggi, non è poco). Punti di vista, per carità, che non possono assolvere nessuno. Una cosa, però, ho pensato quando ho sentito della sentenza.
Quanti pesi e quante misure utilizza la giustizia italiana?
Scrivo di giudiziaria da un paio di anni e più volte mi sono occupata degli strani casi di mafiosi, tacciati, non a torto, di essere assassini, che scodinzolano, tranquillamente, e in libertà, sfruttando i vari cavilli della legge italiana. Lo stesso dicasi per alcuni stragisti rossi e, giusto per calare la vicenda al vissuto più prossimo alla normalità, ai giudizi estremi riservati a gente comune, che paga e ripaga, oltremodo, colpe non del tutto personali. Chissà in quanti, peggiori di Cuffaro, se la stanno spassando alla faccia della gente per bene.