Necrofilia

L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo.

Qualche giorno fa il settimanale Time ha inserito la Sicilia nel World’s Greatest Place 2021, l’ambito elenco dei cento posti più belli del mondo. Alla Regione si suppone che non ne sappiano niente dal momento che nulla trapela dai canali ufficiali. Dubitiamo che sia modestia giacché un riconoscimento del genere, soprattutto di questi tempi, è un insperato appiglio per costruire campagne promozionali, per imbastire strategie o semplicemente per rallegrarsi. No, deve essere qualcosa di più di una distrazione nella casa degli sprechi, nella fabbrica dei debiti, nel tempio della burocrazia menefreghista. Il sospetto è che proprio non gliene freghi niente. In uno stato di avanzata decomposizione dell’amor proprio, questa Regione, questi politici, questi amministratori schivano come la peste i buoni esempi e gli spunti di miglioramento. Perché li costringerebbero a esercitarsi in quella che per loro è la peggiore delle attività: aderire alla realtà.

Altro esempio, ancora più esplicativo: un’azienda palermitana, la Giglio.com, ha esordito in borsa con grande successo. Sono pochissime le realtà di questo genere non solo in Sicilia, ma nel Mezzogiorno. I Giglio vogliono investire ulteriormente a Palermo e fanno della loro mediterraneità un punto di forza del brand. Una delle missioni di una politica illuminata dovrebbe essere imparare a fare da chi sa fare. Ebbene quanti tra amministratori, vertici di categorie, leader di confederazioni varie credete che li abbia contattati per organizzarsi, per sfruttare a tambur battente una vetrina senza precedenti? Praticamente nessuno, a parte un sms del sindaco Orlando e un paio di post su Facebook di circostanza.
A conferma che se un’azienda non è decotta, quelli non si eccitano. La studieranno come necrofilia economica.        

Il felice riposo del piccolo guerriero

Nel riposo del guerriero, di ogni guerriero, c’è qualcosa di infinitamente grande e qualcosa di infinitamente piccolo. Ci sono i litri di adrenalina e le infusioni muscolari di acido lattico, ma ci sono anche l’affollarsi dei pensieri e le concrezioni fastidiose della responsabilità. C’è quello che si doveva fare e quello che non si voleva fare, quello che si è fatto e quello di cui ci se n’è fregato. C’è il dovere e quasi mai il piacere, c’è la battaglia per un domani e viceversa come se il domani fosse sempre frutto di un combattimento e mai di un’elargizione divina.
Solo una cosa non c’è.
La distinzione di età.
Il guerriero è guerriero senza arma anagrafica. Si batte allo stesso modo e mostra la stessa protervia quando deve uscire dalla pugna come quando deve uscire dal ventre della madre. In fondo siamo tutti ciò che siamo stati, sin dal primo respiro. Solo che non abbiamo il coraggio di confessarcelo perché crediamo che l’età ci renda più credibili, fondamentalmente ai nostri occhi miopi.
Il guerriero di questa foto è il figlio del mio amico Giuseppe, ma potrebbe essere il figlio di tutti voi. E un bimbo di tre anni che assapora il riposo con la severa maturità che solo i guerrieri sanno di avere. Infinitamente grande è la responsabilità a cui questi cuccioli di uomo sono chiamati sin dai primi passi in un mondo che è stato costruito a loro misura, non in quanto bimbi, ma in quanto consumatori. Infinitamente piccola è la scintilla che accende un piccolo motore in crescita per imporgli la più antica delle arti di saggezza, quella del riposo.
Senza indulgere nella retorica spiccia io, che padre non sono, credo che dovremo insegnare ai nostri piccoli a prendere fiato, a non considerare la pausa come un non-lavoro, ma come un premio. Quando siamo soli con il nostro fiatone, con il ritmo che si riconcilia con la nostra esistenza, con la fortissima debolezza di guardare il cielo non per disperazione ma per ispirazione, probabilmente siamo in quella condizione in cui l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo coincidono in noi stessi, sdraiati sull’acqua. Senza nulla intorno che sia più importante di un pensiero che non ha a che fare con l’ufficio, con l’asilo, con la palestra, con il poker tra amici, con le bollette, con la tata, con l’ernia iatale o col pannolino che pesa, col coniuge che ti tradisce o col compagno di banco che ti ha fottuto la merendina.
È il riposo del guerriero e tutto ciò che conta in realtà non conta.

La forza di un’immagine

Palermo fotomontaggio

Lo ha scritto un commentatore su diPalermo , ci sono fotomontaggi che valgono quanto un editoriale. Ed effettivamente oggi quest’immagine creata da Giuseppe Giglio racconta lo sfacelo di una città più e meglio di un milione di parole.

Come si dice griffe in cinese?

Ecco spiegato perchè le aziende cinesi stanno correndo frettolosamente ai ripari, cercando di acquistare posizioni prestigiose nelle nostre città: per difendere la bugia dei loro business.

Vi ricordate quando nel dicembre scorso Giuseppe Giglio scrisse di quella che avevamo ribattezzato come sindrome cinese?
Ecco, in via Montenapoleone, a Milano, è arrivato Giada, tipico marchio cinese.

Io imprenditore, il mercato e la sindrome cinese

di Giuseppe Giglio

La SDA Bocconi di Milano ha tenuto un corso master sul Luxury Market, in particolare quello italiano, dedicato a manager, imprenditori ed industriali cinesi.
Lo svolgimento del master ha avuto luogo nella loro sede di Shangai, e soltanto nella parte finale i corsisti hanno visitato il nostro Paese e alcune realtà imprenditoriali locali, simbolo della nostra eccellenza produttiva, nel campo del tessile, della gioielleria e degli alimentari.
La scorsa settimana sono stato invitato alla tavola rotonda conclusiva, presso la sede milanese dell’università per testimoniare l’esperienza aziendale della mia famiglia, nel campo dei negozi multibrand.
A margine di ciò, ho focalizzato una serie di tendenze che, a mio parere, meritano qualche riflessione.

Scarsa creatività. I cinesi, che hanno mediamente scarsissima creatività e parecchio denaro da investire, stanno cercando di replicare alcuni modelli di sviluppo della nostra economia, per esempio l’offerta di abbigliamento non più (o non solo) attraverso le monolitiche boutique monomarca che campeggiano nelle vie dello shopping di tutte le capitali, ma proprio attraverso piccoli e medi negozianti multimarca, che hanno costituito la spina dorsale del commercio italiano dal dopoguerra a oggi. Continua a leggere Io imprenditore, il mercato e la sindrome cinese

Approvato e sottoscritto

“Un Martini, please. E non occupare spazio con quelle inutili olive”.

Letta su Facebook da Giuseppe Giglio.

Irlandesi

di Giuseppe Giglio

Per educazione e cultura mi sono sempre guardato dal far di tutta l’erba un fascio.
Ho letto però, su Rosalio, della presunta inferiorità intellettuale di noi siciliani teorizzata da un docente irlandese, e ciò mi ha fatto pensare che anche io avrei qualche “numero” sugli irlandesi.

Nel documento “Regole principali per la prevenzione delle frodi esercenti e-commerce” edito da Carta Si – gestore del traffico VISA, in Italia – è prevista la creazione da parte del merchant di una blacklist dove riportare i dati fondamentali relativi alle transazioni fraudolente (Ip-address, indirizzo cliente, e-mail…)
Nel nostro piccolo, qualche dato possiamo fornirlo:

– nella seconda parte del 2009 abbiamo registrato sul nostro e-commerce circa 200 diversi tentativi di acquisto fraudolento. Di questi, oltre 150 provenivano dall’Irlanda.
In questa nostra speciale classifica, al secondo posto si trova il Messico con appena una ventina di tentativi. Roba da dilettanti.

– nel solo mese di gennaio 2010, abbiamo registrato 14 tentativi diversi di acquisto fraudolento. Tutti provenienti dall’Irlanda.

Questa situazione ci ha costretti a prendere un provvedimento drastico: l’inibizione dell’utilizzo della carta di credito per tutti i clienti che chiedono la spedizione in Irlanda. Per loro l’unica modalità di pagamento possibile sarà il bonifico bancario anticipato.
Ad oggi abbiamo spedito in 141 nazioni diverse e l’Irlanda sarà l’unico paese con tale limitazione.

PS. Non una sola truffa tentata da irlandesi nel nostro store è andata a buon fine: siamo meridionali, mica scemi.