I nuovi arroganti e il fattore Van Halen

Nella dialettica quotidiana, che sia politica, che sia sociale, che sia lavorativa c’è un frangiflutti col quale devono avere a che fare le onde del cambiamento. Uno che arriva e dice “così non mi piace”. Che è l’irruzione del sentimento nella scienza, dell’egoismo nell’arte, della grettezza nella lungimiranza.
Cambiare e innovare sono attività complesse praticamente anarchiche. Non si impone un cambiamento, lo si accompagna, lo si sollecita, lo si stimola. Anche tra le quattro mura di casa, pensateci bene, quando uno dice “basta, da domani si fa come dico io” ha già firmato la sua sconfitta.

Negli anni ’80 fece scalpore un famoso contratto dei Van Halen in cui c’era una clausola, tra mille altre, che imponeva agli organizzatori dei loro concerti una ciotola di M&M’s da cui erano stati tolti tutti i confetti marroni: una cosa perentoria, della serie se ne becchiamo uno solo di quelli del colore sbagliato vi facciamo un culo così. Un decennio dopo nella sua biografia David Lee Roth spiegò, in modo a dir vero poco convincente, che data la complessità delle richieste tecniche della rock band a quei tempi la clausola serviva come cartina di tornasole per capire se gli organizzatori avevano davvero letto tutto il contratto.

La storiella serve per farci capire la fallacità delle soluzioni imposte senza un ragionamento. Che si ritorcono contro chi ci costruisce una legittimazione a prescindere. Per dire, coi Van Halen l’utilità degli M&M’s come test era facilmente aggirabile data la vistosità della richiesta: niente confetti marroni proprio per far finta di aver letto il contratto con attenzione. Insomma, alla fine il totem diventava un possibile rifugio sotto il quale nascondere la polvere ramazzata sul palcoscenico e i cavi non passati correttamente.

Il “così non mi piace” senza motivazione che non sia il proprio gusto ha molto a che fare con questa storiella. Perché ci dice che il nuovo – ogni tipo di nuovo – non si costruisce con i gusti di chi non ha gusto (altrimenti non direbbe “così non mi piace”, ma “hai provato così?”), bensì col rispetto delle competenze: del resto l’innovazione è la trovata di uno che se ne fotte e grida a tutti “io non so, ma credo che così possa davvero piacere!”.

Mi è capitato molte volte di trovarmi davanti a persone che usano il passato come alibi o, ancora peggio, come mezzo di ricatto: non conosco un nemico del nuovo in buona fede. Sono sempre fuggito e, per mia fortuna, mi sono sempre ritrovato su una scialuppa mentre la loro nave alla fine affondava: affondava sempre. Non ne ho mai gioito, però ho sviluppato una certa insofferenza verso chi usa il sentimento, cioè la parte meno attendibile di noi, per giudicare un lavoro, un decreto, un’opera, un parere. È il grande problema di oggi. Viviamo in un’epoca in cui tutti si sentono Van Halen e nessuno ne ha il talento. Quanta pietà (nostalgia?) per gli M&M’s marroni.

La prima volta

Sulla mia agenda ho segnato una data, quella di venerdì scorso (23 luglio). E’ il giorno in cui ho fatto il mio primo abbonamento a un giornale che non è di carta: nello specifico la Repubblica, edizione per iPad.

Ricordo ancora la prima volta in cui acquistai un cd: Van Halen. Dopo averlo fatto girare per un paio di giorni consecutivi nel lettore (col rischio di sterminare la famiglia), lo riposi sopra la colonna di ellepi, nello studio di mio padre.
Oggi i vinili non li ho più (li vendetti negli anni Ottanta in preda a una dissennata smania di far spazio), il lettore è ancora al suo posto, i cd sono diventati centinaia e lo studio di mio padre è diventata la camera da letto mia e di mia moglie.
I cambiamenti epocali sono quelli di cui non ci si rende conto subito. Sui cd c’erano mille dubbi: resisteranno al tempo? Garantiranno la stessa fedeltà? Ci saranno assortimenti adeguati?
Ne comprai uno per curiosità. Poi un altro, e un altro ancora…
Finì come finì. E non mi pare che sia andata male. Se non altro nell’ex studio di mio padre si dorme benissimo.