Masterchef a casa mia

Cucina
Dani all’annuale workshop (francese) di cucina della nostra amica Mara

Quando, diversi anni fa, mia moglie che non era ancora mia moglie si avvicinò ai fornelli nella cucina di una casa che non era ancora la nostra casa, chiese se nell’acqua delle uova che aveva messo a bollire ci andava il sale oppure no.
Oggi lei cucina tre pietanze in contemporanea, sforna dolci complicati, si documenta, studia, va a consulto da mia madre cuoca di indiscussa fama familiare, adora il turismo enogastronomico e, soprattutto, quando ci sono io ai fornelli mi ronza intorno col ditino teso. E’, insomma, la dimostrazione che una passione quando ti prende, fa miracoli.
Non è sempre così, ovviamente.
Ci sono passioni che se ti saltano addosso, ti azzoppano. Esempio personale: giochi di palla. Quando sono con i miei amici, mi piace prendere a calci un Super Santos, ma finisce sempre che il gioco si interrompe per colpa mia perché ho mandato il pallone a mare, su un albero, dietro una cancellata o comunque in un posto che è drammaticamente lontano dal terreno di gioco. Perché a calcio sono scarso, tutto qui (lo stesso discorso vale per pallavolo, basket, eccetera).
Tornando alla passione di mia moglie per i fornelli, credo che il segreto dei suoi progressi sia tutto nella sapiente miscela tra amore e spirito di competizione, due forze che teoricamente dovrebbero essere vettorialmente opposte. In realtà, chi ama compete con maggior passione se l’obiettivo è vincere una gara in cui l’avversario è un suo alleato: in una famiglia, se si cucina in due, si mangia meglio.
Niente a che vedere col calcio. Lì il mio spirito di competizione si miscela con un altro sentimento: l’odio dei miei amici che per colpa mia non riescono a concludere mai una partita.
Quindi cucino benino, ma dribblo malissimo. Inutile dirvi che mia moglie ha un controllo di palla migliore del mio. Ora che ci penso: dovrò mica sospettare di qualche amico?

Il Super Santos

super santosQuando la mattina vado a correre sul lungomare le uniche figure in movimento che incrocio sono quelle di persone della mia età, se non più anziane. Che sia estate o inverno, sulla spiaggia i giovani sono invece immobili, appollaiati sui motorini o accartocciati sulle panchine. Forse sto diventando vecchio, ma mi sembra che la nuova generazione sia tristemente sedentaria. Chi ha quarant’anni o giù di lì difficilmente troverà nella memoria un ricordo immobile. C’era sempre un Super Santos da inseguire, un amico da rincorrere, uno stimolo muscolare da assecondare.
Ieri gli unici palloni che ho visto in spiaggia erano quelli che un venditore ambulante cercava di piazzare a un tale che faceva stretching. Un tale coi capelli bianchi, ovviamente.