Saluti e (niente) baci

L’articolo pubblicato su la Repubblica Palermo.

La distanza imposta per decreto è la nemesi di un mondo che da millenni non ha avuto altro obiettivo che togliere metri e chilometri, ridurre differenze geografiche, avvicinare nel tempo e nello spazio. Ma soprattutto certifica l’abbattimento di quei pilastri sociali che al Sud e specificatamente in Sicilia sorreggono la vita quotidiana. Pensiamo allo struscio, che ha generato una figlia imperfetta di nome movida, e che da sempre è la migliore forma di comunicazione non verbale dalle nostre parti: oggi si passeggia a distanza, uno sfioramento è un atto criminale e fischiare attraverso una mascherina è complicato. E il rito del saluto? Nell’era dei rapporti senza corpo, il bacio in tutte le sue declinazioni (da quello di amicizia a quello di rispetto, da quello di seduzione a quello di rito) viene abolito piallando le differenze culturali e sociali: questa Palermo di gente che si saluta con un gesto del capo mezzo clandestino pare una Pechino senza emergenza.

Ci abitueremo, perché noi terroni siamo il giunco che si cala ancora prima della piena. Perché sappiamo identificarci col nostro sintomo, senza vergogna, prima ancora che Lacan ci costruisse sopra una famosa teoria. Siamo l’unica popolazione che usa un alfabeto Morse mentre chiacchiera: ci tocchiamo coi gomiti anche tra estranei per rafforzare concetti, per sottolineare, mettere accenti, in una sorta di complicità tattile. Ora ci resta la semplice parola, filtrata con o senza FFP2, e non si può manco più contare sulla mimica facciale, che è scorciatoia ed enciclopedia di emozioni al tempo stesso. Nei nostri scambi c’è solo il messaggio crudo, senza l’immenso corredo di non detto che fa romanzo (e anche un po’ cronaca). Il futuro è un Totò Cuffaro senza baci.        

Tardoni digitali

C’è un che di schizofrenico nei rapporti imposti da Facebook ai suoi accoliti. Se una persona, che nella vita è tua amica, ti chiede l’amicizia, tu non hai problemi ad accettarla: il passo è telematicamente formale, poi magari la sera vi vedete a cena. Se invece quella persona non ti è amica o ti è sconosciuta, che fai? Se accettassi l’amicizia potresti essere accusato di ipocrisia, mentre al contrario ti si potrebbe tacciare di maleducazione. In ogni caso la coerenza della vita reale – io manifesto amicizia solo a persone che mi sono realmente amiche – va a farsi benedire.
Mi hanno raccontato di faide internettiane per un’amicizia negata o per un ammiccamento di troppo in bacheca.
Sarà.
Io quasi quasi rimpiango i tempi dello struscio e degli abbordaggi per strada.
“Ci conosciamo?”.
“No”.
“E allora?”.
“Proviamo a conoscerci”.
L’incontro in versione analogica ha sempre un certo fascino in più rispetto a quello digitale, soprattutto per i tardivi (tardoni?) digitali.