Il paradosso dell’immondizia

L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo.

L’immondizia a Palermo non è solo un grave problema (come il traffico, la siccità e altre piaghe frutto di storiche ironie cinematografiche) ma è un paradosso complicato. I rifiuti che ammorbano le nostre contrade sono l’eterno termine di paragone (benaltrista) quando c’è un problema da risolvere o una nuova iniziativa da pesare. Tipo: invece di pensare agli immigrati pensate alla munnizza; prima di restaurare quel monumento pensate alla munnizza; anziché finanziare quella mostra pensate alla munnizza. C’è sempre un cassonetto stracolmo in cima ai pensieri di un palermitano, qualunque sia il discorso. E qui scatta il paradosso poiché l’immondizia di cui ci si lamenta è sempre quella dell’altro, e anzi quando si tratta di darsi da fare per centrare un cestino di rifiuti, per osservare un turno di conferimento, per non lordare strade e marciapiedi il problema evapora. Anche se la Rap avesse la potenza e la spietatezza di un battaglione israeliano, anche se la dotazione dei mezzi fosse finanziata da Elon Musk, ogni mattina all’angolo della strada comparirebbe il solito “sacchetto zero”, abbandonato selvaggiamente, destinato a figliare centinaia di altri sacchetti sino a farsi montagna maleodorante. Lo abbiamo visto a Mondello dove pure la raccolta differenziata era stata richiesta a gran voce dai residenti: niente da fare, lì dove c’erano i cassonetti sorgono pile di rifiuti. E ovviamente si invocano più controlli, telecamere, vigili, droni. Come se senza la pistola puntata non ci potesse essere civiltà, come se l’immondizia avesse i piedi e le ali (quindi la si abbandona in un parco o per strada e il cassonetto se lo va a cercare da sola).
Strana città quella che invoca la forza contro la sua stessa debolezza, che chiede un rispetto unilaterale, che annega senza volersene accorgere.

Orfani del cassonetto

cassonetto palermo

Qualche giorno fa ho ricevuto la visita a casa di una gentile signorina che mi ha consegnato cinque tipi di sacchetti, di diversa dimensione e composizione, e due contenitori per i rifiuti.
Questo perché è stata avviata una campagna che si chiama Palermo Differenzia e che si annuncia come una rivoluzione nella raccolta dei rifiuti.
Sul modello delle grandi città europee prima di buttare un barattolo di pelati dovremo lavarlo e ragionare su qual è il sacchetto giusto nel quale gettarlo: quello di carta, quello in amido di mais, quello di plastica-finta-plastica o quello che ha l’aria di essere un vero triste sacchetto dell’immondizia ma che nasconde una voracità da pianta carnivora?
Mi è stato detto che i cassonetti spariranno presto dalle strade e il mio pensiero è andato ai lavoratori del settore: a Palermo un abitante su 259 lavora per l’Amia. Vi sembra poco? O molto?
Certo, a giudicare dallo schifo che invade le strade della città in queste ore uno potrebbe pensare d’istinto che gli organici andrebbero potenziati. Poi però basta fare qualche ricerca per scoprire che a Torino, che ha quasi il doppio della popolazione di Palermo, c’è un dipendente dell’azienda che si occupa dei rifiuti ogni 577 abitanti. E sul totale dell’immondizia raccolta in un anno da ciascun dipendente i numeri sono ancora più eloquenti: 164 tonnellate a Palermo, 220 a Genova, 491 a Torino.
In conclusione, sono molto felice per la speranza accesa da questa nuova campagna ambientale, ma sono anche preoccupato per il destino di quei poveri lavoratori che rischiano di rimanere orfani del cassonetto. E dato che Palermo ha il primato (che Gian Antonio Stella ha definito “planetario”) di uno spazzino ogni due chilometri di strada da pulire, temo un esaurimento nervoso collettivo all’Amia. Stai a vedere che senza i cassonetti adesso da quelle parti si dovrà addirittura lavorare?