Poco innocenti evasioni

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L’articolo di oggi su la Repubblica.

Sarà che le coincidenze sono le cicatrici del destino. Sarà che coincidenze e destino sono spesso una scusa per non leggere la realtà nella sua crudezza. Sarà probabilmente per tutto questo che la storia dell’evasione dell’assassino albanese Valentin Frrokaj dal carcere dei Pagliarelli di Palermo dovrebbe procurare indignazione collettiva e invece, come una barzelletta sussurrata durante un funerale, può suscitare una risata malcelata di cui vergognarsi.
Perché un ergastolano che fugge è un caso. Un ergastolano che fugge di nuovo è un casino. Ma non basta: nella nostra oziosa lettura dei fatti, abituati come siamo a guardare lontano e a diffidare di ciò che è immediato, ci siamo dimenticati di mettere a fuoco quel che sta sotto i nostri occhi. E cioè una fuga in pieno giorno, da un carcere nuovo, con uno dei due agenti di custodia che se ne va al cesso, e tre ostacoli (un muro di tre metri e mezzo, un cancello, un muro di cinta di oltre sette metri) che questo Valentin ha saltato a mani nude con l’aiuto di una fune di lenzuoli.
Da ex freeclimber sarei tentato di rimanere stupito per l’atto ginnico dell’evaso, ma la ragione mi impone di concentrarmi sull’atto fisiologico del secondino. Perché al netto di tutte le analisi e dei tecnicismi investigativi, la realtà ci dice che nell’anno 2014, al Pagliarelli, una pipì mette in crisi un intero sistema di sicurezza. I sindacati (naturalmente) tuonano “siamo troppo pochi”, chiamano in causa il ministro, il Dap e “le politiche sbagliate degli ultimi anni”. Inutile sperare che ci scappi una lettura smaliziata delle conseguenze di quel destino fatto di lenzuola arrotolate. Il cesso è probabilmente l’alibi perfetto.

Pre-conto

Il locale è bello, bello come una piazza di Palermo stipata di tavolini tra aiuole, selciato e auto che addentano il marciapiede.
Il conto un po’ meno.
Siamo a le Cremolose, uno dei luoghi culto della Palermo da trangugiare.
Ti distrai e loro tentano di farti pagare un panino sei euro e passa: riflettete, dodici mila lire per un panino. Manco fosse imbottito di platino e uranio impoverito (il famoso “panino atomico”, roba da fare invidia alle prime paninerie degli anni Ottanta).
Poi protesti e gli euro diventano tre e cinquanta (come da menu), e ti consoli perché se non fossi stato attento ti avrebbero fregato.
La soddisfazione dura poco, il tempo di rileggere con attenzione il conto. Paghi sulla base di uno scontrino che ti viene servito con solennità: carpetta di finto cuoio su piatto, con letto di tovagliolo. Se sei in serata sì ti va di sbirciare, scoprire che cercano di appiopparti qualcosa più del dovuto (vedi panino), accorgerti che quel foglietto non ha alcun valore fiscale.
Protesti alla cassa. Una figurante mezza cameriera e mezza contabile ti risponde che quello è il pre-conto. Tu ti incazzi e ribatti che del pre-conto te ne sbatti i pre-coglioni perché tu non paghi con pre-soldi e soprattutto le riveli che quel pre-pizzino hanno già cercato di rifilartelo altre volte e che tu glielo hai contestato perché non sei un pre-scemo.
A malapena e con qualche mugugno ti riducono del giusto il prezzo del panino (di cui sopra) e ti rilasciano finalmente uno scontrino fiscale.
Te ne vai con la soddisfazione di avere sventato una rapina.
Prendete appunti.
Le Cremolose
, piazza Alberico Gentili a Palermo: c’è materiale per la Guardia di Finanza e per qualche magistrato volenteroso.

Innocenti evasioni

di Gianni Allegra

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