Altro che piccione

Povia

di Abbattiamo i termosifoni

Dopo “Luca era gay”, canzone sull’omosessualità che aveva scatenato un putiferio a Sanremo 2009, l’ineffabile Povia avrebbe intenzione (il direttore artistico sta decidendo) di cavalcare anche quest’anno, sul palco dell’Ariston, temi delicati e controversi. Vorrebbe partecipare al festival cantando di Eluana Englaro. Con la bagarre e soprattutto con la pubblicità e gli introiti che ne conseguirebbero.
Più che il piccione protagonista della sua “Vorrei avere il becco”, a me Povia a questo punto sembra un avvoltoio opportunista.

Canzoni stonate

Pare che Povia abbia scritto una canzone su Eluana Englaro. Non vedo l’ora di essere smentito.

Eluana, il silenzio e l’ipocrisia

C’è una parola che, più delle altre, traduce in queste ore il senso di ipocrisia per la morte di Eluana Englaro. Quella parola è: silenzio.
L’ho letta troppe volte sui giornali, sul web, l’ho ascoltata in televisione e alla radio. Quando non si sa che dire su un tema difficile, quando ci si deve schierare per manifestare almeno la propria esistenza in vita, il più delle volte ci si rifugia nel silenzio.
Il caso di Eluana Englaro ci insegna che il silenzio blaterato come fosse chiacchiera da bar è il peggior nemico della ragione.
Non si può star zitti davanti al comportamento di un governo che ha imboccato la traversa di un populismo simil-cattolico con la Cadillac di una cristianità dittatoriale.
Non si può inghiottire il primo commento del Vaticano: “Che il Signore li perdoni”. Chi? I vescovi lontani dal pulsare dell’umanità? I politici dell’ultima ora che si fanno padri costituenti? Un premier e i suoi accoliti che si pongono in diretta concorrenza con Gesù e i suoi apostoli?
Il silenzio è più che fuori luogo, ora che Eluana Englaro è morta.
C’è di che urlare per ripristinare una realtà dei fatti che, se non ci fosse un dramma di mezzo, sarebbe da far sganasciare dalle risate per la ridicolaggine. “Eluana potrebbe avere dei figli”, “Ha le mestruazioni”, “Tossisce e sbadiglia”. Un cardinale che vive più di qualifica che di nome e cognome (è prefetto per la Congregazione della causa dei santi e membro del pontificio consiglio della pastorale degli operatori sanitari, in pratica un ossimoro vivente e, quel che è peggio, officiante), grida all’omicidio.
Banditi e imbroglioni!
Eluana è morta diciassette anni fa.
L’ha detto suo padre, l’unico a cui ho creduto, credo, e a cui crederò.
L’unico che, adesso, può invocare il silenzio.

Eluana, mio padre e le foglie

di Roberto Puglisi

Sul corpo di Eluana Englaro

Il Consiglio del ministri vara un decreto che ordina di proseguire con l’alimentazione per Eluana Englaro. Il presidente della Repubblica si rifiuta di firmarlo perché si tratta di un provvedimento palesemente anticostituzionale. Berlusconi tira dritto: “Allora cambio la costituzione”.
Bastano queste poche righe per far deragliare la coscienza di molti dalla riflessione su un caso così difficile come quello di Eluana. Perché invece di interrogarci sulla morte come guarigione dalla vita, sul peso di certe scelte, sull’ingiustizie che la biologia ci impone, sul Dio che vede e chissà quando provvede, su quanto contino le incrostazioni della pubblica morale quando il dramma è più che privato, ci si riduce a leggere i resoconti politici della vigliaccata ruffiana del nostro governo. Il pugno di ferro mostrato dal Cavaliere è infatti un semplice atto di prepotenza politica che non ha appiglio in nessuna sentenza e in nessun sondaggio: non stupisce lo spregio delle corti di giustizia (qui si tratta della Cassazione), mentre potrebbe sbalordire quello della “pubblica opinione”. E’ qui che però entra in gioco il fattore C. La Chiesa che, come scriveva ieri Ezio Mauro, “con quel corpo totemico vuole ribadire non solo i suoi valori eterni, ma anche il suo controllo della vita e della morte”. Berlusconi si mostra così garante di un patto col Vaticano che mira a imporre un’idea cattolica della legge, dove gli atti del potere devono passare al vaglio della religione. E dove la libertà, alla fine, rischia di coincidere con la disintegrazione dell’anima.