Sempre telefonate erano

E’ bastato guardare La7 stasera per avere conferma dell’insana attenzione che il Pdl militante ha nei confronti del ministro Cancellieri. Prima Renato Brunetta a Otto e mezzo e poi la Gelmini a Piazza pulita hanno svelato l’arcano che tanto arcano non era: ma sì, è chiaro che la telefonata dell’improvvido ministro per il caso Ligresti è esattamente sovrapponibile a quella di Berlusconi per il caso Ruby, hanno detto i due esponenti del centrodestra. Un ragionamento demolibile sotto vari aspetti (quello giuridico, quello di opportunità, quello politico, quello etico, quello legato alla mera plausibilità). Solo un ambito è rimasto inattaccabile, inscalfibile e indiscutibile: quello umoristico. Lo si è capito quando, al termine di un’escalation di scemenze su Mubarak, la misericordia e l’atto umanitario di un leader, l’inopinato ex ministro Gelmini ha pronunciato queste memorabili parole: “Ligresti o Ruby, in fondo sempre telefonate erano”. Purtroppo nessuno ha riso.

 

La Cancellieri nel paese delle meraviglie

cancellieri ministro carceri

Dice la Cancellieri che contro di lei c’è un attacco politico. Cioè pretestuoso. Perché secondo lei è pretestuoso ritenere sospetto un interessamento diretto del ministro di Grazia e Giustizia per una- detenuta-una, figlia potente di un imprenditore potente amico e foraggiatore di potenti.
Quando Berlusconi tentò di far passare per atti umanitari certi suoi favori e certi suoi interessamenti nei confronti di giovincelle scollacciate, tutti a sinistra gli risero dietro, salvo poi trincerarsi nella debolezza di non riuscire a scalfire il suo potere trasversale. Oggi che una Cancellieri viene scoperta con le mani nella marmellata, una marmellata preziosa più della famosa confettura Arrigoni che si comprava a scatola chiusa (come se le altre te le avessero fatte aprire alla cassa del supermercato prima di pagare), il “soccorso rosso” è addirittura surclassato dalla Croce Azzurra del Pdl che difende a spada tratta il ministro imp(r)udente. Il che la dice lunga sulla buona fede di chi spaccia la merce taroccata per manufatto originale.
In nessun paese del mondo un ministro che si interessa personalmente delle sorti di un singolo, solo perché quel singolo è espressione di un clan, di un gruppo imprenditoriale importantissimo, la fa franca. Viene cacciato a calci nel sedere. La frottola dell’aiuto umanitario varrebbe solo per un poveraccio, per un debole figlio di nessuno e sarebbe comunque difficile da giustificare: quando un ministro scende in campo per il singolo, deve avere spalle coperte e attributi ben piantati.
Ora la Cancellieri resiste, e con lei resiste questa logica furbetta del “tranquillo, ci penso io”, dell’amicizia dalla valuta importante, del “comandare è meglio che fottere”.
Sarà un giorno felice quello in cui i furbetti saranno assediati nel loro quartierino, in cui l’amicizia non peserà sugli atti pubblici e in cui il fottere strapperà il primato al comandare.

Brancolare nel buio

Il ministro Cancellieri – lasciando intendere che gli italiani devono stare sereni – rivela che per il ferimento del manager dell’Ansaldo di Genova si seguono tre piste: quella delle Br, quella degli anarchici e quella commerciale cioè legata agli interessi dell’azienda.
Una volta, dopo un duplice omicidio in un paese sperduto, un corrispondente scrisse che la polizia aveva imboccato tre, ripeto tre, “strade decisive”: quella mafiosa, quella economica e quella passionale.
Solo nei film la polizia ammette di brancolare nel buio?

Scampato pericolo

Ogni volta che leggo della Cancellieri sui giornali mi coglie un brivido. Penso alla moda, alle comparsate televisive, all’elogio del troppo. Ma ormai è un attimo: quando mi accorgo che si tratta della Cancellieri ministro mi rassereno e ringrazio il cielo per lo scampato pericolo.