Ieri mattina mentre ascoltavo l’intervista ai Duran Duran su Radio Deejay mi è affiorato un ricordo del 1987.
Era primavera, mi trovavo all’hotel Quisisana di Capri, ospite della Uniform, lo sponsor del primo tour italiano dei Duran Duran. Ero insieme ad altri cento giornalisti alla conferenza stampa della band, in diretta su Radio 1. Palermo era la prima tappa del tour quindi, secondo gli organizzatori, toccava a me fare la prima domanda.
Mi hanno dato il microfono e mi sono alzato. Di fronte, lo sguardo strafottente (o strafatto?) di Simon Le Bon.
Nei giorni precedenti, quando in città si era sparsa la voce che avrei incontrato i Duran Duran, il telefono di casa aveva squillato anche di notte: decine e decine ragazzine che nemmeno conoscevo si dichiaravano disposte a tutto pur di venire con me.
Andai da solo.
Ho parlato con la bocca attaccata al microfono come un giostraio, nonostante a quei tempi lavorassi molto con la radio. E ho fatto la mia domanda: “In un periodo in cui torna di moda il rock politico, come vi sentite ad essere considerati una band per ragazzine?”.
Simon Le Bon ruggì: “Meglio suonare per le ragazzine che per giornalisti come te”. Poi Nick Rhodes, che era il saggio del gruppo, cerco di mediare.
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