Abbiamo opposto fiera resistenza durante il Berlusconismo, quando il partito dell’amore voleva farci credere che esisteva davvero un sogno italiano e che era persino a prezzi accessibili. Non ci siamo lasciati ingannare dalle sirene dell’antimafia prêt-à-porter di Crocetta e Lumia che costruivano eroi buoni manco per una fiction televisiva. Abbiamo diffidato – e i fatti ci hanno dato ragione – dei fanatismi egualitari dei “grillini” che pretendevano di renderci tutti uguali (e piccoli come loro) per decreto, azzerando meriti e competenze. Abbiamo brindato al (raro) trionfo del bello e fischiato i bulli tronfi di un potere che non meritavano. Abbiamo discusso, ci siamo accapigliati, abbiamo riso e abbiamo cercato inutilmente di nascondere le lacrime. Abbiamo sperato nel trionfo della ragione e ci siamo dovuti accontentare di un vantaggio momentaneo. Insomma ci siamo scoperti fragili e uniti nella fragilità: non tutti, giacché la fragilità consapevole è condizione di pochi.
Sono passati 14 anni dalla nascita di questo blog. E 14 anni in certi anni possono essere un’èra geologica. Oggi mi ritrovo a celebrare questo anniversario evitando decisamente ogni reflusso di nostalgia (la nostalgia è un modo di spacciare per nuovo qualcosa di irrimediabilmente vetusto, insomma è una sorta di truffa dei sentimenti). Quindi guardo avanti, oltre la cortina nebbiosa che in questo maledetto 2020 ci offusca l’orizzonte. Grazie a questo blog ho cambiato lavoro molte volte, ho conosciuto persone determinanti, ne ho allontanate di mefitiche, ho coltivato amicizie e rotto sodalizi, ho cazzeggiato e scritto opere teatrali, ho cantato e pianto, ho scoperto nuove strade del mondo e imparato che la parte più importante di una fuga è quella del ritorno.
Per questo mi impegno a continuare, a riempire queste pagine, a preferirle rispetto alle timeline dei social. Perché sono mie, nostre, di chi ci ha buttato un occhio o ha scritto due parole: sono una memoria che nulla ha a che vedere con le sveltine di Facebook.
Quattordici anni sono un tempo sufficientemente importante per una vita, come possono esserlo quattordici minuti o quattordici secondi a seconda dei contesti. Le gioie e i dolori hanno uno strano rapporto col tempo, a meno che non si scelga di vivere il presente e basta. Ecco, in questi 14 anni sono cambiato molto in tal senso: credevo nel “per sempre” di Alice nel paese delle meraviglie, ma oggi non me ne curo più. Preferisco il “mentre”. Preferisco attraversarlo, il tempo. Gustandomi il cuore della torta, magari infilandoci un dito, e fottendomene della fetta.
Siamo fatti di panna e fragole, siamo deperibili, ma capaci di scatenare una tempesta di piacere se finiamo nei palati giusti. Godiamocela, prima che il frigorifero si scassi.
Viviamo in un universo di interferenze. Ma le interferenze se ben orchestrate possono essere musica.
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