L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo.
Lo spaccaossa, l’estortore, il presunto mafioso con villa e piscina: tutti col reddito di cittadinanza. La notizia fa sensazione perché accosta due concetti complicati come criminalità e stato di bisogno. Invece dovremo prendere un bel respiro e usarla laicamente, la notizia, come catalizzatore di attenzione su un provvedimento nato storto e finito peggio, nonostante l’intento fosse di cristallina civiltà. Il reddito di cittadinanza, così come si sta disvelando, è la ciliegina sulla torta di una politica che vorrebbe incoronare statisti e invece promuove parvenus. Una vera misura “di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale”, come da definizione governativa, dovrebbe arrivare da un sistema che conosce i confini dell’impero, che ha contezza di dover sviluppare un programma in un Paese in cui l’inganno è spesso il germe della legge, soprattutto quando si parla di soldi. Il concetto stesso di povertà cambia da quartiere a quartiere (figuriamo le differenze tra una città e l’altra) poiché tutti sanno che essa non è esclusivamente riconducibile alla mancanza di lavoro, ma è la complicata somma di molti fattori: salute, aspetti abitativi, psicologici, sociali, eccetera.
Quando un partito fonda il suo programma su un aiuto economico a largo raggio senza saperlo impermeabilizzare all’acido del populismo, fa un danno innanzitutto a se stesso. E lo spaccaossa fa sensazione, ma in fondo mica tanto.