L’articolo pubblicato oggi su la Repubblica.
L’inchiesta giudiziaria della Procura di Palermo contro i farabutti che, il mese scorso, presero di mira con insulti e minacce sui social il presidente Mattarella nel caos della formazione di un nuovo governo, è un raggio di sole nel buio della nullocrazia. La crisi di valori che questo Paese sta vivendo è strettamente legata a un potere che si alimenta di odio compulsivo e uso fraudolento dell’incultura. Trascinare davanti a un giudice e condannare chi offende e infanga sul web come se l’impalpabilità dei byte concedesse una sorta di impunità, significa ricordare a tutti, cittadini reali e patetici avatar, che l’ignoranza se è colpevole deve essere punita in modo esemplare. Sinora, con eclatanti esempi internazionali, la maggior parte dei tentativi di riallineamento della realtà dei social network con quella, vera, dei diritti e dei doveri è fallita. La via giudiziaria è l’ultima spiaggia per scardinare le echo-chambers degli odiatori. Per ripartire da una regola semplice delle vite non qualunque: la volgarità è una scorciatoia, la dignità è una fatica.