Ci ho pensato su. Ero tentato di lasciar perdere, ma poi mi sono detto: perché buttare alle ortiche la mia (seppur modesta) esperienza di trent’anni e passa di professione? Quindi ho deciso: da oggi cercherò di difendere le notizie vere con ogni mezzo a mia disposizione, web, carta, radio. Ricorrerò al classico fact checking, vi chiederò di collaborare inviandomi le vostre segnalazioni via mail, e opererò sul campo dei social per identificare con nomi e cognomi i portatori di notizie false. Diciamo che è una sorta di campagna anti-contraffazione applicata alle notizie. Perché se uno vende una borsa Gucci falsa può essere denunciato e chi spaccia bufale per verità se la deve passare liscia? Anche perché, alla luce di quello che sta accadendo nel mondo (Brexit, Trump, situazione politica italiana) i danni delle scempiaggini propalate nel web sono maggiori di quelli causati da una cinta dal marchio falsificato.
Quindi non guarderò in faccia nessuno, non mi interessano le fazioni politiche: la verità è un caleidoscopio di informazioni ed è troppo preziosa perché qualcuno ci metta in mezzo una patacca. #laveritaprimaditutto
E’ uno dei punti cardine del Giornalismo nell’epoca in cui si trova. In un periodo in cui sembra che l’informazione possa farla chiunque, è d’obbligo dimostrare che il Giornalista è colui che sa filtrare, selezionare, approfondire, smascherare. Abbiamo bisogno di quel giornalismo lì. I giornali, o cambiano direzione, o son destinati a soccombere. Sono più che convinto che esista una buona fetta di popolazione desiderosa di un’informazione più veritiera e meno strillata. Alla lunga pagherà.
Buon lavoro.
Ciao,
Emanuele
In bocca a lupo! L’impresa è ardua; Caitlin Dewey, columnist del Washington Post, ha chiuso la sua rubrica “What was fake
on the Internet this week” poiché sostiene che la diffusione di informazioni false, leggende metropolitane
e teorie del complotto attraverso i social network è semplicemente
inarginabile.
Lo so, caro Salvo. Ma io nel mio piccolo ci devo provare.