Con lui ho fatto alcune delle litigate più teatrali della mia vita, e non ricordo più perché. Una volta, dopo che gli avevo chiuso il telefono in faccia probabilmente sbagliando, mi incontrò per strada e mi offrì il caffè. Prima di andarsene mi disse una frase che non ho mai dimenticato: “Gery, ho due obiettivi. Mandarti a fare in culo definitivamente e andarmene in pensione”.
Il primo lo centrò quando me ne andai da quell’azienda: “Ciao e vaffanculo”, mi sussurrò con un accenno di abbraccio quando passai a concordare l’accredito della liquidazione.
Il secondo lo aveva effettivamente raggiunto qualche mese fa. Solo che la pensione, Mimmo Squadrito ragioniere del Giornale di Sicilia, non è riuscita a godersela perché l’altro giorno è morto.
E mi dispiace moltissimo.
Caro gery, mi dispiace. È forse il segno più tangibile del tempo che scorre, quelli che ci lasciano lungo la strada. Persone care che abbiamo visto cambiare, mentre anche noi cambiavamo; inaspettatamente, amici o amori (a volte passati), che ci causano un dolore sordo e insistente, con il quale impareremo a convivere. O semplici conoscenti – antagonisti perfino – con i quali è esistito un rapporto, che ci hanno comunque dedicato la loro attenzione, il loro pensiero, e a cui abbiamo dedicato il nostro. In ogni caso, ogni volta, ci sentiamo effettivamente un poco “diminuiti”. È la vita, ci ripetono. E purtroppo è così.