Papi tutti

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra
L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Non avrei voluto scrivere di Berlusconi e Noemi allegate. Se ne discute già tanto (non dico troppo, questo no: la faccenda promette di essere un vaso di Pandora non ancora del tutto rotto), lo fa chiunque, e chi non lo fa se ne sente in dovere. L’impulso a sfiorare la questione mi è dato dalla lettura di un saggio piacevole (e a mio parere illuminante) che si intitola “Dancing Days. 1978-1979. I due anni che hanno cambiato l’Italia”. L’autore, il giornalista e docente Paolo Morando, tocca un nervo della recente (ma sembrano passati secoli) storia italiana che ho sempre considerato scoperto ancorché sottovalutato. 1977. Fine dei movimenti. Probabilmente, fine dell’impegno politico su larga scala. Ferite fresche: la rivoluzione delle P38. Ferite in fieri: la lunga mano della P2. La gente non vuole più rientrare presto la sera sotto un cielo di piombo. Voglia di innamorarsi. Voglia di “individuale”. Allontanamento dalle pubbliche virtù e ripiegamento su umanissimi vizi privati. Ad accontentare gli italiani arrivano le lettere di passioni tormentate sulla prima pagina del Corriere della Sera (un fatto inaudito per via Solferino) e John Travolta. La parola che riassume il tutto: riflusso. Resta da stabilire se preteso o indotto. Soglie degli anni ottanta. L’era di che cosa e di chi lo sappiamo tutti: da allora abbiamo spento pochissimo la televisione. Ma per farvi un’idea, leggete il libro. Io mi limito a un breve cappello sulle parole del sociologo Sergio Fabbrini. Che offre a Morando un concetto sul quale riflettere: “Il populismo esprime il sentimento di una piccola borghesia insoddisfatta (…) che ha delle ambizioni sproporzionate rispetto ai talenti di cui dispone. Non c’è distinzione tra governanti e governati. L’élite si comporta come il popolo e viceversa. Tutti sono indistintamente allenatori della Nazionale. Nessuno dirige o decide e nessuno rende conto per ciò che ha fatto o non ha fatto”. E Morando gli fa eco: “Ecco perché l’Italia si innamora regolarmente di eroi piccolo-borghesi, come Mussolini o Berlusconi. Priva di una cultura moderna, l’Italia non sa distinguere tra pubblico e privato. I due coincidono, si sovrappongono. E allora che senso ha parlare di conflitto d’interesse?”.
Se il discorso è chiaro a noi, non penso che sia mai stato oscuro per Silvio Berlusconi e chi lo appoggia. Pubblico e privato: una biforcazione che si unisce in un sentiero verso il culto della personalità. Forse la chiave del successo del Cavaliere nella sua versione politica. Onori e oneri, però. Presidente operaio e Noemi. Quirinale ma anche Casoria. Famiglia modello con sfondo di caminetto e Veronica-Clitennestra. Una volta tracciato il sentiero non è più possibile invocare la biforcazione. Non a convenienza, almeno. Assisteremmo a un ennesimo, sconvolgente miracolo italiano.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

17 commenti su “Papi tutti”

  1. Pingback: Papi tutti
  2. Ti ringrazio per aver inquadrato il fenomeno Berlusconi-papi in un’ottica diversa, più ampia. Sarebbe utile che molti illustri giornalisti e editorialisti lo leggessero.

  3. Non ho resistito alla tentazione di inviarvelo…mi scuso per l’impulso e con …la collega…ma l’ho trovato involontariamente esilarante. Appena letto nella mia posta elettronica…ecco il copia incolla:
    “La Fondazione Orestiadi di Gibellina e la cantina Orestiadi Vini, promuovono il progetto Fermenti contemporanei, che sarà presentato mercoledì 3 giugno, alle ore 12.00, presso il Grande Albergo Sole di Palermo.
    A presentare il progetto saranno il Sen. Ludovico Corrao, Presidente della Fondazione Orestiadi e Rosario Di Maria, amministratore della Orestiadi Vini. Interverranno anche Michele La Tona ed Enzo Fiammetta”.
    In allegato l’invito alla conferenza.
    Cordialmente

    Noemi Troja
    Ufficio stampa Fermenti contemporanei

  4. da Quare tristis

    Stare coi morti, preferire i morti
    ai vivi, che indecenza! Acqua passata.
    Vedo che adesso più nessuno fiata
    per spiegarci gli osceni rischi e torti

    dell’ assenza, adesso che è sprofondata
    la storia … E così tocca a noi, ci importi
    tanto o quel tanto, siano fiochi o forti
    i mesti richiami dell’ostinata

    coscienza, alzare questa poca voce
    contro il silenzio infinitesimale
    a contestare l’infinito, atroce
    scempio dell’esistente … (Al capitale
    forse è questo che può restare in gola,
    l’osso senza carne della parola.)
    Giovanni Raboni.

    Ps:Grazie Giacomo.

  5. Jana, è fantastico!
    Però mi metto nei pani della povera Noemi Troja, che non passerà bei momenti, di questi tempi…

  6. Berlusconi è ormai una specie di cartonato pubblicitario di se stesso (pubblico o privato che sia: tutto fa immagine, con quel che ne consegue). Però peccato che non sia davvero, e inoffensivamente, di cartone.

  7. Caro Giacomo, ho letto il tuo pezzo sul mio libro, ti ringrazio e soprattutto mi complimento, perché è davvero fulminante: quel passaggio di Fabbrini, che hai colto, anche secondo me centra in pieno la questione dei giorni nostri, che tutto sommato sono pure “Dancing Days”, anzi, sono trent’anni di giorni danzanti mei interrottisi da allora. Come cantava Gaber in “Polli d’allevamento” (1979, non a caso), non siamo più noi a scegliere gli oggetti, ma loro a scegliere noi, “selezionandoci in base a reddito”. Noi ne siamo diventati schiavi. E da allora non abbiamo più spento il televisore.

  8. @Paolo Morando: grazie a te per aver scritto un libro di cui, oggi più che mai, si sente la necessità. Su “Dancing Days” si potrebbero tessere cento, mille post: ecco la discriminante, a mio parere, tra un testo semplicemente bello e un testo bello ed essenziale. Spero di rileggerti presto e spesso a casa Palazzotto…
    @tutti: grazie come sempre per l’attenzione. Generosissima.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *