C’è un nutrito gruppo su Facebook che si intitola “Uccidiamo Berlusconi”. Dodicimila dementi ruggiscono più o meno anonimamente minacce di morte contro il premier con la stessa disinvoltura con la quale aderiscono al gruppo che si propone di adottare una ragazza svedese di vent’anni, o a quello che vagheggia di mandare Emilio Fede sul satellite anche fisicamente, o a quello che si cimenta nel test “quanto sei arrapato?”.
Sono molto critico nei confronti di Facebook e in tal senso ho già dato.
Però nel caso di Berlusconi voglio spendere qualche parola in più.
Qualcuno dovrebbe spiegare a queste persone che le adunate virtuali hanno un valore direttamente proporzionale a quello degli argomenti apportati. Se infatti qualcosa di male non si può dire nei confronti di internet, quel qualcosa riguarda proprio il rapporto tra contenuti e vettori: i primi assumono peso specifico solo se i secondi sono attendibili, certificati (cioè con nome, cognome, indirizzo eccetera).
“Uccidiamo Berlusconi” è l’immagine vacua e superficiale di un elettorato che blatera qualcosa e semina l’esatto contrario. Quante di quelle persone andranno a votare alle prossime elezioni (l’unica occasione per sopprimere politicamente il Cavaliere)? Quante di quelle persone sarebbero disposte a scendere in piazza per manifestare a viso aperto un dissenso civile e non anonimo? Quante di quelle persone considerano la politica un atto disgiunto dal clic spensierato del mouse, tra una chat e un sms?
“Uccidiamo Berlusconi” purtroppo fa bene a Berlusconi perché santifica le storture, rafforza il virus che sta uccidendo questo Paese, annacqua il dissenso, quello vero.
Mi appello a chi ha un account (o come diavolo si chiama) su Facebook: fate in modo che un nuovo gruppo si proponga con successo per abolire l’iniziativa di cui sopra, senza che ci arrivi prima un Alfano o uno sgherro ministeriale travestito da sommo censore.
La riuscita di quest’operazione sarebbe l’ideale smentita di un mio convincimento: su Facebook il tempo non si perde, si dilapida.