Il suicida di Facebook

Mi sono suicidato che non ero neanche un bambino. Ovvero, ieri ho fatto harakiri dopo un misero mese di permanenza nel più grande social network del pianeta: Facebook.
Questo contenitore di figurine (foto, fotine, album, albumetti) è in realtà uno spazio di vuoto pneumatico in cui si perdono tempo, energie, privacy e pazienza. Nato con il proposito di mettere in collegamento amici e interessi, FB dispiega tutta la sua forza passivamente offensiva nel raccogliere gggente che non si incontra da secoli a dispetto dei codici del nostro tempo: in epoca di internet, se qualcuno ti vuole trovare, ti becca; o, se non ti vuoi far scovare, hai tutti i mezzi per disinnescare un noioso ritorno di fiamma (solitamente interessato).
Il social network che qualche mese fa ha superato il suo diretto concorrente MySpace, conta oggi più di 132 milioni di utenti. E che fanno tutte queste persone, virtualmente unite da un cordone ombelicale? Comunicano i loro spostamenti, le loro sensazioni, lo stato della loro digestione, si aggregano in comunità fanta-virtuali (di cui dirò in un prossimo post), dicono di pensare, e pensano ciò che dicono. Il tutto in un modo talmente spontaneo e irruento da sembrare penosamente falso.
La fuga da FB non è una questione personale, del tenutario di questo blog: riguarda, secondo una stima de Le Figaro, ventimila francesi e ventritremila spagnoli solo nel periodo che va da dicembre 2007 a gennaio 2008. E’ un esodo che ha radici anche nella mancanza di sicurezza (cibernetica) personale e di privacy. Una mattina mi sono accorto che, nottetempo, dal mio account erano stati spediti una serie di gadget virtuali: chiedevano alle persone della mia lista, maschi e femmine, se volevano sposarmi. Un’altra mattina ho scoperto che mi ero auto-nominato maschio del secolo: la regia fantasma chiedeva, sempre ai malcapitati della mia lista, se ero degno di tale titolo.
Ora capite che quando si è arrivati alla soglia dei 46 anni con la serena inconcludenza di uno scapolo pargolo-privo e anche con un briciolo di dignità, certe cose hanno un peso. Passi per la vita reale, dove l’impegno si misura con le proprie forze, ma la realtà virtuale può mai distruggere il beato nulla che in lunghi anni si è seminato?
Scherzi a parte, all’interno di Fb ci si espone a occhi che non sono solo quelli che contiamo nella nostra friends-list. Si rinuncia persino a quel briciolo di incoerenza quotidiana nel nome di una somma finzione dove si è tutto e tutti in un’unica bacheca. Ci si invita a eventi dove nessuno andrà. Si sposano cause planetarie come la fame nel mondo con lo stesso impegno – un clic – con cui ci si iscrive al gruppo che vuole adottare ragazze svedesi di vent’anni. Si inviano baci di pixel con la consapevolezza che non ci sarà mai un seguito di carne.
Insomma un meraviglioso spettacolo in cui l’identità viene rubata persino alle comparse.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

39 commenti su “Il suicida di Facebook”

  1. (facendo finta che sia un paziente che parla ad un dottore)
    Caro dottore,
    tutti i miei amici sono iscritti a FB da almeno un anno, perchè la moda così ha detto, e benchè abbia modo di contattare le stesse persone con altri mezzi e non abbia voglia di aggiungere come “amici” persone che, se non le ho aggiunte altrove evidentemente tanto “amici” non lo sono, nessuno riesce a capire come mai non mi voglia iscrivere, e mi basti averlo visto pochi minuti a casa di qualche amico per giudicarlo una gran perdita di tempo. Che mi dice, dottore, forse non sono normale?

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