Vendesi rene

La cronaca è stracolma di appelli di persone disperate che annunciano di voler vendere un rene per salvare qualcuno o se stessi da qualcun altro o da qualcosa.
E’ vero, “la miseria offre, la società accetta”. Ma quello era Victor Hugo e lo scenario attuale, nonostante tutto, poco ha a che vedere con I miserabili.
La realtà è quindi un’altra, dimenticata o, peggio, ignorata: vendere organi in Italia e nell’Unione europea (grazie alla Convenzione di Oviedo) è vietato. E – va detto – è molto difficile aggirare le leggi perché un rene non è una stecca di sigarette e una sala operatoria non è un container.
Farsi amplificatori di simili annunci ha un doppio effetto collaterale.
Primo, il diluire una notizia drammatica (ad esempio, un imprenditore sul lastrico) con un elemento di suggestione (il rene in vendita) disorienta il lettore se non gli si dice espressamente che la compravendita di organi oltre che essere vietata ha per fortuna scarsissime possibilità di andare a buon fine.
Secondo, si dà modo anche al più distratto dei governanti di pizzicare le corde del sentimento dell’elettorato, che alla fine si ricorderà dell’intervento ad hoc, magari un po’ ruffiano, distraendosi dalla sorte di tutti gli altri poveracci che non hanno minacciato inutilmente di strapparsi un organo per avere attenzione.
Ecco. Mi piacerebbe che i giornalisti, veri o presunti, importanti o sconosciuti, liberi o schiavi, felici o depressi, si interrogassero su questo tema. Senza le solite noiose polemiche nei confronti di ancor più noiose persone tipo il sottoscritto.