Neanche le pizzerie sono più le stesse. Quel che prima era il locale basic per eccellenza – la pizza in sé potrebbe essere sinonimo di semplicità – ora si è trasformato in un’arena urlante.
Mi è capitato ultimamente di cenare fuori, e sempre, dico sempre, mi sono trovato in una bolgia di suoni, prevalentemente di origine televisiva.
Là dove un tempo si chiacchierava, oggi si urla.
Sui clienti incombono, incardinati al soffitto o appesi agli alberi, altoparlanti e maxischermi. In un caso addirittura, io e mia moglie ci siamo ritrovati con un subwoofer sotto il tavolo.
E’ come se ci fosse un progetto pubblico contro il dialogo privato. Un tempo le conversazioni si spiavano, adesso si annegano nel fracasso di spot pubblicitari, radio che trasmettono in tv e tv che scimmiottano la radio.
Fateci caso, è sempre più difficile trovare una pizzeria dove si mangia e si parla, dove cioè si espletano due attività primordiali che sembravano inscalfibili. La mia teoria è che sia la comunicazione verbale sia il felice appetito, stimolano la circolazione delle idee. E che le idee circolanti hanno molti nemici in questo Paese…