Viventi resistenti

Esposende – Viana do Castelo
Viana do Castelo – Vilar de Mouros

Siamo cresciuti col mito della dritta via smarrita, imbottiti di metafore da Dante a Vasco Rossi. In realtà, come tutti sappiamo e non tutti ammettiamo, smarrirsi (o perdersi) ogni tanto non è male. Anzi è consigliabile se non addirittura prescrivibile. Ma non è questo il caso.

La premessa è un appiglio al tema degli ultimi due giorni, “sbagliare strada, come e perché”. Il come è semplice: basta essere stanchi come uno che ha percorso oltre 500 chilometri a piedi e se lo nasconde perché ammettere una debolezza quando ci si crede forti è difficile come dire “la Meloni può fare anche cose buone”. Il perché è imbarazzante dato che in un caso, quello più complicato, ero distratto dal male assoluto, lo smartphone. La mia netiquette da camminatore è chiara in tal senso: nessun estremismo, ma un certo rigore. Mi muovo senza il telefono in mano, spesso lo spengo, spesso è fuori campo, in casi estremi è utile per la geolocalizzazione. Capita però che ci sia qualcosa di interessante da fotografare.
E questa va raccontata poiché è proprio da primo capitolo del manuale “come non si fa”. 
Ero in un posto molto bello con un ponticello di pietra sospeso sull’acqua (il video lo trovate nei miei account social e la foto è quella di questo post). Ho deciso di riprendere quel passaggio perché era davvero suggestivo. E nel farlo, alla fine del ponte, ho seguito proprio l’indicazione che la mia guida e le mie mappe mi avevano raccomandato di non seguire. Era una freccia gialla, come quelle che ci sono nel Cammino portoghese, ma indicava un percorso diverso, interno e soprattutto montuoso. Puntava a destra, invece dovevo andare a sinistra (e anche qui metafore…). Risultato: anziché godermi una passeggiata sulla sabbia, mi sono ritrovato a scalare montagne e a scarpinare su pietraie con pendenze da stambecco.
Non contento, anche oggi mi sono messo di impegno per sbagliare strada. A mia discolpa va detto che il tratto da Viana do Castelo a Vilar de Mouros, ultima tappa portoghese prima di entrare in Spagna, consente un’abbondante dose di improvvisazione quando, dopo i primi 10 chilometri, non ci sono più sentieri di riferimento e le frecce scompaiono. Insomma l’importante è tenere la direzione e la direzione è nord, fortissimamente nord. Indicazione molto relativa se pensate che il nord ti indica verso dove muovere i tuoi passi ma non su cosa mettere i piedi. Un concetto dirimente per i camminatori che macinano chilometri, per i quali oltre ad arrivare, l’importante come arrivarci. Ma su questo ci vorrebbe una assise mondiale, non ristretta ai camminatori, ma allargata ai viventi resistenti. Da secoli ci incartiamo sul fine che giustifica i mezzi, pure in totale assenza del primo e dei secondi. Forse è il caso di metterci qualcosa nel mezzo, tra fine e mezzi: impegno, predisposizione, formazione, resistenza, motivazione, cultura insomma.

19 – continua

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La prima volta

Pòvoa de VarzimEsposende

Vi ho già parlato del cronocentrismo, cioè di quella sensazione di vivere sempre in tempi eccezionali in barba al passato soprattutto quando il passato ci sbugiarda. Tipo non ci sono più le canzoni di una volta oppure ai miei tempi la morale sì che contava. Ho fatto due esempi banali e pertanto parecchio attaccabili per evidenziare l’aspetto più evidente del cronocentrismo. Cioè il vedere le cose solo in valore della nostra età: tutto era migliore, tutto era profondo, tutto era vero. Ieri o l’altroieri.
Si tratta ovviamente di una visione miope come abbiamo imparato solo qualche anno fa col Coronavirus: credevamo di avere a che fare con la peggiore epidemia della storia solo perché non l’avevamo studiata, la storia.
Questo modo parziale di raccontarci le cose, sottolineo raccontarci, può essere aggirato facendo realmente esperienze diverse che quindi sfuggono alla smania del confronto coi “nostri tempi”. Io sui Cammini mi sono cimentato in tarda età dopo aver fatto tante altre cose tipo le maratone, ma mi guardo bene dal dire e dirmi: “Certo prima cinque chilometri li facevo in meno di 25 minuti, oggi li faccio in un’ora. Uè, non esistono più le gambe di una volta!”. Non vi sfugge l’anacronismo logico di una tale affermazione giacché il passato non lo si prende per il collo per buttarlo in campo, ma lo si invita garbatamente nel teatro della storia.

Ci pensavo oggi mentre attraversavo spiagge nebbiose (l’oceano ha dato spettacolo in tal senso) per la prima volta e mi veniva in mente un gioco che avrei proposto ai miei amici il prossimo inverno (poveri loro): progettare prime volte. Ovviamente cercando di elevare il livello della discussione al sopra della cintola con la contestuale eccezione delle gambe, dei piedi e di altre appendici non sospettabili.
La prima volta fa cadere gli alibi su cui il cronocentrismo poggia. E vi svelo un segreto: la migliore prima volta è quella di cui non avete contezza sin quando non si è dipanata interamente. Non si progetta, altrimenti è appunto un progetto e ha requisiti che possono fondarsi sul paragone col passato (e non va bene): è una prima mela offerta o trovata o conquistata all’improvviso, mai coltivata.
Quindi partire, provare, scovare, liberarsi.
Dffidate delle persone che pur potendolo fare non viaggiano mai, che parlano solo del loro lavoro , che non sognano mondi in cui finalmente sono quello che non sono.

P.S.
Saldo brevemente il debito col post di ieri (ma ci torneremo a bocce anzi a gambe  ferme). In questo Cammino i portoghesi mettono garbatamente in mostra la loro raffinata civiltà. Ogni lido, ogni spiaggia vicina a un centro abitato (quindi la maggior parte di quelle lungo la Senda Litoral), ha i suoi wc, le sue docce, le sue fontanelle pubbliche. E soprattutto ha le sue “biblioteche da spiaggia” (nella foto sopra) dove chi vuole entra, sceglie un libro e si accomoda nei tavolini sistemati all’ombra: è un’iniziativa aperta a tutti dai primi di luglio a metà settembre. Di certo è qualcosa per me perfettamente al riparo da qualsiasi tentazione di  cronocentrismo: mai ai miei tempi e nelle mie lande si sognò tanta polluzione di saggezza.

18 – continua

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