Gli elementi per imbastire qualche discussione sono già tutti nei numeri: 17 anni di procedimento giudiziario, 5 processi, 10 mesi di carcere, 14 di arresti domiciliari, un’assoluzione definitiva.
La vicenda di Calogero Mannino però nasconde, tra le sue scintille di indignazione più o meno giustificate, anche una grande trappola: quella di voler riscrivere col normografo del populismo la storia della Dc siciliana.
Tralascio i numeri perché immagino che siamo tutti d’accordo su un dato: nessuno deve aspettare per 17 anni un verdetto definitivo.
Sui 10 mesi di carcere per una persona che poi è stata riconosciuta innocente c’è da sbalordirsi a metà: qualunque tecnico del diritto vi spiegherà che, per quanto abnorme, questo è l’effetto collaterale del principio per cui ci vogliono meno indizi per essere arrestati che per essere condannati.
Sulla grande trappola invece voglio fissare un paio di paletti.
Calogero Mannino era un importante esponente democristiano, ma non era la democrazia cristiana. Il partito di cui adesso qualcuno vorrebbe rinverdire i fasti, o addirittura ricostruire il passato, era quello di Don Sturzo e di Salvo Lima, di Piersanti Mattarella e di Vito Ciancimino, insomma era lo scudo e la croce, l’assalto e il sacrificio.
L’operazione improvvisata, ma anche di moda (vedi Craxi), per cui gli atti illegali vengono assorbiti e digeriti da considerazioni postume, anche legittime, è fuorviante. Molti, in questo periodo, vogliono promuovere il concetto assoluto dell’uomo quadrato: lo statista incompreso, il politico illuminato vittima di persecuzione, l’amministratore trombato perchè troppo lungimirante e scomodo.
In realtà il concetto dell’uomo quadrato è plausibile quando non è assoluto. Ieri come oggi esistono infatti statisti incompresi che non sanno spiegarsi, politici illuminati che rubano, amministratori scomodi vittime di politiche ottuse.
Uno può essere un padre perfetto e al contempo un killer crudele. Non si riscrive la storia solo perché all’improvviso ci si accorge che conta solo la famiglia e non la scia di sangue che c’è davanti casa.