Accuratezza

Sono ipersensibile alle cose fatte senza cura, ma è un problema molto personale perché – è giusto dichiararlo subito – la mia non è una visione virtuosa per così dire pura, bensì un modo di sentire, di registrare, di operare legato alla compulsività che deriva dal mio DOC (di cui vi ho detto svariate volte, tipo qui e qui). Insomma la mia spasmodica ricerca dell’accuratezza è in gran parte frutto di una condizione psicologica che il più delle volte è compatita, raramente capita.
Comunque non è di bruttoanatroccolite che voglio parlarvi ma di felice compiutezza.
Erroneamente crediamo che l’accuratezza riguardi solo il sistema lavorativo, e al limite quello sentimentale mentre non è così: abbraccia tutti i campi della nostra vita. Soprattutto c’è un equivoco che va tolto di mezzo in modo definitivo: che l’accuratezza sia una garanzia di qualità, di positività. Sappiamo bene che ci sono cose sbagliate fatte benissimo e cose giuste fatte malissimo. E che l’impegno nel compiere un atto non ha nulla a che vedere con l’etica dell’atto stesso (del resto siete in un blog che ha persino un podcast intitolato “Le cazzate sono una cosa seria”). Quindi cosa è esattamente l’accuratezza e quanto pesa nella nostra vita?
Nella vostra non so, posso dire della mia.
Per me è un enzima, una sorta di catalizzatore che accelera reazioni. Non a caso la sciatteria che ci circonda ha come primo risultato l’immobilismo, il sacrificio di qualunque intenzione sull’altare del quieto vivere, il preservare spesso interessato dello status quo. Infatti l’accuratezza tutto è tranne che una forza conservatrice. Persino nelle sue deviazioni più trasversali (che in alcuni casi non sono malaccio, almeno da indagare), tende a rifinire sino all’estremo, a purificare dalle imperfezioni: quindi comunque a innovare, dato che raffinare è sempre un atto che guarda al futuro.
Ha una controindicazione, l’accuratezza. Costa.
Costa in termini energetici, economici, psicologici, sociali. Nulla di accurato è gratis (e non parlo ovviamente solo di moneta). Infatti un prodotto, inteso non solo come un manufatto, nel quale c’è cura si riconosce nella brodaglia delle intenzioni incolte.
La stragrande mole di eventi, reazioni, relazioni che mi/ci circonda gira attorno al perno sbilenco della sciatteria, della scarsa affezione, della famosa massima siciliana per cui “il cane non è mio” (cioè non sono fatti che in fondo mi riguardano). Persino una cosa brutta fatta con accuratezza sta su un livello diverso rispetto a una cosa brutta fatta male: avrei molti esempi, ma preferisco che ognuno di voi si raffiguri il suo.
L’accuratezza è un antidoto, un vaccino, che ha le sue controindicazioni (tipo i costi appunto). Ma che ci preserva dalla dittatura del qualunque, dalla nube endemica dell’indifferenza (che talvolta soffoca più dell’odio), dall’egoismo fatto sistema, dalle sveltine delle scorciatoie.
Ripeto, non è garanzia di probità, ma di pacificazione con se stessi.