È un attimo. On off, alto giù, dentro fuori. La visione istantanea della vita che dovrebbe essere affine a noi che raccontiamo gli attimi della vita ci prende alle spalle quando l’interruttore è quello del nostro appartamento. La strada è dritta e improvvisamente si annoda. Sono uno specialista di bivi improvvisi e, non mi vergogno ad ammetterlo, di virate contromano. Mi è capitato di cambiare rotta in piena tempesta, e lì in fondo era facile, ma anche di scegliere il percorso più accidentato quando una strada davanti a me era spianata, e lì era un po’ più complicato. E non è eroismo, ma indole.
Se le scorciatoie ci annoiano, se perdere ci rompe i coglioni ma ancor di più ci annoia vincere senza giocare, se l’albero della banalità ci sembra un buon pretesto per procedere a una drastica deforestazione, se essere chi siamo stati, in fondo, non ci fa paura persino se ci ritroviamo soli in mutande e sotto la pioggia, vale la pena di riprenderla, quella visione istantanea delle cose.
Sono poco incline a raccontare i cazzi miei, a meno che non ritenga che in qualche modo servano a fotografare uno scorcio utile per chi legge. O, come ripeto quando mi si interroga sulla scrittura, a meno che non abbiano un carattere di universalità. Però qui getto un semino che magari germoglierà nei tempi che verranno.
Le difficoltà rispondono tutte a un comitato centrale, una via di mezzo tra una centrale operativa e un consiglio dei ministri: e vengono rilasciate a pacchetti, tipo le sanatorie meloniane. È difficile che un giorno vi si buchi una ruota e che per una settimana non vi capiti altro. Solitamente dopo arriva una bolletta esagerata o un problema in ufficio o un’influenza epocale o un coniuge che fa le bizze o un amico che delude o un idolo politico che tradisce. Per la gradualità è solo questione di culo, o di leggi di Murphy.
In ogni caso ci si impegna a tenere la barra a dritta anche se verrebbe voglia di naufragare soli e ubriachi di quel che ci piace solo “per vedere l’effetto che fa”.
È un attimo. On off, alto giù, dentro fuori.
E per noi che viviamo raccontando gli attimi degli altri, occuparci dei nostri una volta tanto è una lezione non di vita, non di umiltà, ma proprio di scrittura: nelle storie la cosa più difficile è scrivere il finale.