Pensieri da indossare

Baiona – Vigo

Da due giorni sono in Spagna dopo tre settimane di cammino in Portogallo, che ho percorso per i due terzi della lunghezza. E’ presto per tirare le somme, mancano ancora poco meno di 150 chilometri prima dell’arrivo a Santiago e ogni sportivo che si rispetti sa che alzare le braccia prima di tagliare il traguardo è poco conveniente oltre che da coglioni. Sto bene, fisicamente e mentalmente: e le cose sono evidentemente collegate. Per i muscoli non c’è problema, basta allenarsi. La verità è un’altra: non siamo abituati a stare da soli per lunghi periodi. La differenza concettuale e sostanziale tra persona solista e solitaria l’ho più volte affrontata su queste pagine e in tutte le occasioni pubbliche in cui mi è capitato di parlare di queste mie “sgroppate”. Mi pare anche una cosa intuitiva quindi evito di reiterare.

C’è una frase che faccio finta di tirare dal cilindro e che funziona abbastanza nella mia versione sociale, ed è questa: “Immaginate di avere il privilegio, ogni mattina, di svegliarvi, prepararvi per i vostri chilometri in solitaria e indossare un pensiero che nessuno disturberà, interromperà, influenzerà”. Uuuh, dal fondo della sala. Eeeh, dal fondo della mia anima.
L’ultima volta che ero stato in Spagna era il 2019, quando avevo fatto il Cammino del Nord, un’era geologica fa. Allora ero un’altra persona con le stesse esigenze. Ero disilluso e illuso con fattori shakerati come oggi. Ero più giovane e paradossalmente più esperto: sono un raro caso di essere umano che invecchiando si riconosce sempre meno nella categoria di quelli che hanno esperienza (che palle, l’esperienza!). Perché questa Spagna che accarezzo coi passi delle mie Asics Cumulus ha conservato gli influssi di quella del 2019 quando il mio pianeta risentiva di orbite diverse. Quindi ha fatto il suo meraviglioso mestiere: mi ha aiutato a indossare il pensiero della mattina. Un pensiero che credevo mi venisse stretto come una maglietta di qualche anno fa e che invece…

Credo – forse mi illudo – in una universalità delle emozioni, che non è la banalità del tutti amano, tutti preferiscono, tutti desiderano. No, credo che ci sia una matrice comune che possiamo riconoscere nella miccia delle vibrazioni positive. Il più grave peccato che un essere umano dotato di socialità sana può commettere è decidere di non accenderla, quella miccia.
Dopo il Portogallo, di cui infesterò queste pagine tra qualche giorno, quando poggerò le mie nobili terga sul sedile dell’aereo che mi riporterà nella mia Palermo cool, la Spagna è lo spunto prezioso e urente per ricordarmi che c’è stato un prima di questa vita qui. Durante il lockdown, di cui non parla più nessuno, ci ho pensato spesso. Come nell’ultimo sogno prima dell’incubo, un’immagine magari sopravvalutata dato che quel che segue è sfacelo.
Io e molti di noi da quell’incubo ci stiamo riprendendo con fatica: per motivi personali perché abbiamo lasciato per strada affetti importanti, professionali perché su quella strada ci siamo imbattuti in molta ingratitudine, politici perché quel che è stato non è più Stato.
Ecco, oggi il pensiero che ho indossato per 24 chilometri è stato questo: se è vero che non ci aspetta nessuno, spero almeno che all’arrivo ci sia il sole, che l’aria profumi di mare, e che al ristoro ci sia una accoglienza gastronomica come si deve.
P.S.
So che mia madre legge questi post e che ciò stimola la sua vocazione di cuoca. E non mi dispiace affatto visto il dispendio di energie che dovrò ripianare…

22 – continua 

Tutte le altre puntate le trovate qui.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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