Il signor Fernando

Sernadelo – Águeda
Águeda – Albergaria-a-Nova

Stamattina la tappa era abbastanza leggera quindi me la sono presa comoda. Ero ad Águeda, una cittadina poco nota lungo il Cammino portoghese che non ha monumenti indimenticabili ma che, ho scoperto, infonde la serenità delle piccole cose di buon gusto. Prima di affrontare la mia dose giornaliera di chilometri ho fatto un giro, seguendo la scia di ombrelli colorati che decorano alcune sue vie suggestive e mi sono informato. Ogni estate in questo posto si svolge uno dei più importanti festival artistici del Portogallo, l’AgitÁgeda. La punta di diamante delle manifestazioni è l’Umbrella Sky Project, un’idea che poi è stata copiata da molte città del mondo. 

Era presto per la mia tabella di marcia (parleremo dei miei orari anarchici perché so che è tema caldo tra chi fa la mia stessa esperienza) e ho deciso di investire il mio tempo nella maniera meno consueta per un camminatore seriale e compulsivo. Mi sono seduto su una panchina e ho lanciato un brano a caso della mia playlist “Passi felici” – la trovate sul mio account di Apple Music. Mentre ascoltavo questa canzone mi sono guardato intorno con l’inusuale filtro della semplicità: del resto ero lì, solo, con uno zaino che racchiudeva la mia vita, avevo tutto quello che serve (riserva d’acqua, pancia piena, scarpe ben allacciate, pensieri sguinzagliati). Sul lungofiume in cui mi trovavo c’erano decine di ragazzini, accompagnati da maestre o chessò impiegate comunali, che si divertivano e sudavano nel parco giochi lindo e perfettamente funzionante. Un papà con passeggino faceva giocare il suo cane con una palla, mostrando di amministrare con gioia i suoi affetti a due, quattro zampe/ruote. Intorno tutto abbastanza pulito, ma di un pulito, come dire?, non clamoroso. Che se ci pensate bene, per noi abituati al lerciume di ordinanza è impressionante. Perché è facile lasciarsi incantare dalla pulizia svizzera o altoatesina, per fare due esempi banali, ma trovare una efficienza discreta laddove magari una cicca o qualche bottiglia fa capolino – il mio caso portoghese – è di maggiore effetto. Perché ti fa capire che una città accettabilmente pulita, seppur coi suoi limiti e le sue eccezioni, ti libera dall’illusione della fantascienza.
Mi pare un concetto basilare che tira in ballo la responsabilità comune. Sino a quando non capiremo che le sorti di una comunità non sono soltanto nelle mani dei nostri amministratori, ma soprattutto nelle nostre, nel nostro senso civico, nella quota di responsabilità che dobbiamo brandire non appena varchiamo la soglia di casa, non avremo speranza alcuna.
Ok, fine del pippone. Ogni tanto mi faccio prendere da fremiti che interferiscono con una strisciante andropausa civile (non si può stare in trincea per sempre, le retroguardie in fondo possono essere posti in cui è bello svernare, e non sono in Cammino per caso…).

Comunque, a proposito di prendersela comoda. A fine cammino oggi, a dispetto delle good vibrations della partenza, approdai in una specie di hotel poco al di sotto del rango di topaia: ci ho messo cinque minuti per entrare nell’antro a me assegnato, scacciare una decina di mosche e insetti vari, individuare un pelo sul cuscino, incuriosirmi per una macchia sull’asciugamani (sarà bruciatura di sigaretta o residuo organico?), mandare affanculo il capo-topaia e chiamare un taxi.
“Dove andiamo?”, ha chiesto il signor Fernando, orgoglioso di portare un nome italiano.
“Vada a Nord che tra poco le dico”.
Nel giro di pochi chilometri (come scorrono veloci quando si è su ruote, minchia!) ho trovato al volo un fantastico hotel abbastanza distante dal Cammino: una grave violazione nella mia ortodossia dato che non mi allontano mai – tantopiù in taxi! – dal percorso. Trovato rimedio all’emergenza, trovato rimedio al rimedio dell’emergenza. In due modi.
Il primo. Domani mattina il signor Fernando mi viene a riprendere e mi riallinea all’itinerario.
Il secondo me lo sono dimenticato mentre entravo nella Jacuzzi.

11 – continua

Tutte le altre puntate le trovate qui.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

2 commenti su “Il signor Fernando”

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