La realtà è diventata (più) noiosa? O siamo noi che siamo diventati più resistenti allo stupore?
Il tema è meno personale di quanto possa sembrare giacché la percezione della realtà non è soltanto qualcosa da relegare nell’angolo più remoto dei cazzi nostri, ma riguarda tutto il sistema sociale sul quale si basa la parte migliore della nostra vita: quello della relazione con altro e altri.
Esempio. Se io considero la realtà più noiosa – che è già una risposta alle prime due domande poiché la realtà di suo non è divertente o meno, ma sono io che le attribuisco un punteggio in termini di mio stupore – di conseguenza sono meno interessato a essa. Quindi: mi estraneo, vado meno al teatro, leggo meno libri, mi consolo coi social network, bevo di più, mi ingozzo di cibo spazzatura, fumo cento sigarette, indurisco il mio cuore, produco meno, mi drogo, ipotizzo stragi condominiali, divento terrapiattista (in ordine di gravità).
Mentre se reagisco alla resistenza che ho sviluppato allo stupore posso imparare a guardare le cose con occhio diverso. Senza paura di ammettere che ho cambiato idea, senza l’ansia di dover indossare un abito nuovo.
Per lungo tempo ho fatto lavori pressoché anonimi: molto ghostwriting (qui una cosa carina in proposito), molta cucina nei giornali. Ruoli che sembrano secondari ma che invece nascondono una fondamentale verità: ci sono mestieri in cui se non ti si vede/nota vuol dire che il lavoro è fatto bene. Non è stato facile, per uno con la mia autostima grottescamente strabordante, convivere con questo compromesso. Ma quello passava il convento e quello dovevo fare per campare. Tutto sommato era un bel mestiere e probabilmente era giusto così.
Ecco, allora ero nel limbo della “realtà noiosa”. Scrivevo per altri e col nome di altri, pensavo a come tirar su un reddito che mi consentisse una vita dignitosa (obiettivo sempre raggiunto perché oltretutto ho culo) e fumavo il fumabile.
Poi cominciai a capire che il problema non era della realtà, ma mio. E cominciai a cambiare le carte e il gioco. Nuotai controcorrente e, non essendo un campione, rischiai di andare a fondo un paio di volte, abbandonai compagni di viaggio che non meritavano la mia compagnia e finalmente scelsi in modo radicale.
Oggi sono un collezionista di errori, alcuni dei quali imperdonabili (ve ne ho parlato più volte). Ma ho imparato che, come sappiamo e come facciamo finta di non sapere, quando il mondo sembra avercela con te, sei tu il problema. E che non c’è vergogna a correggere il tiro senza per forza dare la colpa all’altro.
Ora non vi voglio mandare il messaggio di amore e fratellanza universale perché ci sono momenti in cui le budella si aggrovigliano e vorresti mandare a fare in culo l’universo mondo: ecco quelli sono momenti catartici, ma sono un’eccezione.
Invece voglio sommessamente suggerirvi che quando la realtà vi appare meravigliosa è molto probabile che siate fortunati, ma c’è anche una minima possibilità che vi siate addormentati sul divano.
E lì è sul risveglio che si gioca la partita della vostra storia.
Stupitevi almeno di voi stessi, che è un buon modo di ricominciare. Poi andate a dormire a letto, come dio comanda.