L’altro giorno in un raro momento di relax sotto un ombrellone (ebbene sì, ogni tanto anch’io mi trasformo in un pigro ciabattante vista mare) ho sentito due signori discutere di vaccini. Erano alle mie spalle, ascritti alla categoria dei cosiddetti vicini di ombrellone: sui 40-45 anni, mediamente istruiti, mediamente impigriti dal caldo, mediamente appassionati alle vicende covidesche.
Dichiaravano di non capirci più nulla, e qui siamo in un campo abbastanza neutro. Ma poi concordavano sul fatto che nella confusione generale non ci si può schierare in alcun modo. Insomma non erano contro i vaccini, ma manco a favore. A questo punto avrei voluto intervenire per dire che sulla scienza non ci sono equivoci, o le si crede o si emigra su Marte. Per fortuna il libro che avevo tra le mani e la compagnia che rendeva il clima meno aggressivo mi hanno convinto a dedicarmi ad altro.
Però quelli continuavano.
Tutto è cambiato quando i tizi hanno cominciato ad allargare il discorso, in un’evoluzione tipica che parte dalla misteriosa sparizione delle mezze stagioni e finisce al piove governo ladro, passando per la differenza tra caldo/freddo secco e caldo/freddo umido. Dai vaccini, non so come, la discussione è arrivata ai terrapiattisti e uno dei due ha detto:
“Terra rotonda o terra piatta: che ne so io? Non so niente, chi mi dice qual è la verità?”.
Insomma, con la complicità dell’altro allegro bagnante, il tizio ha imboccato la pericolosa “terza via”, cioè in cui tutto è possibile, teoricamente anche che siamo tutti morti e che i vivi sono i morti stessi, tipo “Sesto senso” al lido Miramare.
La “terza via” è l’aspetto più inquietante del ventaglio di scemenze agitato dai no-vax: scemenze, si badi, che basterebbero da sole per autodissolversi un pozzo nero ma che, proprio perché vacanti di ogni minimo contatto con la realtà, sono quasi impossibili da estirpare. Il “che ne so io” è una pericolosa miscela di qualunquismo, egoismo e angustia mentale che supera per drammaticità sociale l’ignoranza del tale che scende in piazza agitando la foto di un ago-che-starebbe-dentro-l’ago-che-inietta-il-vaccino (una cazzata talmente enorme che è impossibile da spiegare, guardate qui). Perché vorrebbe essere deresponsabilizzazione allo stato puro e invece è il via libera alla prima panzana che atterra dal web, un vile omicidio della buona creanza.
Insomma nonostante questo attentato alla mia salute mentale in un momento di abbandono balneare, quando i freni inibitori sono bloccati dalla salsedine, ho resistito alla tentazione di alzarmi e usare le ciabatte in modo poco consono. Una parte della mia autostima mi ha comunicato che si trattava di un successo del sistema di autocontrollo ben oliato dalla mia (santa) psicologa, un’altra mi ha sussurrato di non illudermi e di considerare che invecchiare significa anche imparare a sopportare. Ommm.