L’articolo pubblicato su la Repubblica Palermo.
L’estate di una Mondello senza capanne è la fine di un alibi. L’alibi del “chissà”. Chissà come sarebbe la spiaggia senza le cabine/capanne, come se d’inverno non la vedessimo meravigliosa nella sua selvaggia vuotezza. Chissà come farebbero i palermitani a vivere un agosto di sabbia e asciugamani, senza quel riparo di legno e chiodi nel quale stipare cianfrusaglie e sudore. Chissà che fine farebbe tutto quello spazio in più: più anime da stipare? Più munnizza da abbandonare? Più metri quadri da strappare al dominio incontrastato della Mondello Italo Belga?
Ecco, quest’anno avremo l’occasione di tastare con mano la realtà temuta o agognata, a seconda dei punti di vista, di una spiaggia “decapannizzata”, uno skyline stagionalmente nuovo per generazioni di bagnanti. L’emergenza da cui questa situazione deriva rischia di interferire con il complesso sistema biologico che governa i meccanismi della socialità a queste latitudini: una Mondello estiva senza ressa per molti palermitani è come una pietanza insipida. Perché a tutto avevamo pensato, ai supermercati come le trincee di guerra, ai runner clandestini come untori, all’assembramento killer e ai congiunti disgiunti, ma mai si sarebbe potuto immaginare un ferragosto senza il combinato pasta al forno – briscola – capanna. Questa nuova estate di Mondello è un’occasione per mettere da parte languidi ricordi (quanti amori nati dentro, intorno e persino sopra quelle capanne) e riflettere su un malinteso sempiterno: una spiaggia liberata non è automaticamente una spiaggia libera. L’unica forma definitiva di distanziamento sociale, purtroppo inattuabile, è quella dall’inciviltà di chi sporca, distrugge, oltraggia quella preziosa lingua di sabbia.